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DVD - Million Dollar Baby
Million Dollar Baby
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Sottotitoli:
Italiano per non udenti, Inglese
Formato:
2.35:1 Anamorfico 16:9
Regia:
Clint Eastwood
Lingue:
Italiano, Inglese 5.1 Dolby Digital, DTS
Cast:
Clint Eastwood, Hilary Swank, Morgan Freeman
Durata:
132'
La Tecnica
Million Dollar Baby è, inesorabilmente e senza troppi fronzoli, un grande film. In un epoca dove l’apparenza, la grandiosità, la magnificenza di effetti hanno trasformato – pur se non completamente in negativo – il cinema, assaporare il gusto e la potenza di una pellicola girata in poco più di un mese con pochissimi mezzi e un team di attori bravissimi orchestrati da un regista “vecchia scuola” è come tornare indietro all’epoca “della materia di cui sono fatti i sogni”, di quando al cinema si potevano vedere Brando, Bogart, Grant diretti dai registi che hanno fatto la storia della settima arte. L’ultima fatica di Clint Eastwood, ormai – e a ragione – considerato uno dei più grandi registi viventi, è stata paragonata, per taglio ed incisività, alle pellicole del grande Howard Hawks, anche se, personalmente, ritengo “Million Dollar Baby” più vicino a un altro grande quasi coetaneo del suddetto Hawks, quel John Ford che creò il mito del West e gettò le basi del grande cinema americano senza dimenticare le sue radici irlandesi (un po’ come il Frankie protagonista della pellicola), o, andando avanti di un ventennio, del John Houston di “Città amara” (Fat City, J. Houston, 1972), padre della nota Angelica nonché uno degli idoli cinematografici dello stesso Eastwood, che lo celebrò anni fa con “Cacciatore bianco, cuore nero” (White hunter black heart, C. Eastwood, 1990). Invecchiando, Eastwood pare asciugare sempre più il suo stile, riproponendo per “Million Dollar Baby” la straordinaria immediatezza che aveva scosso il folgorante inizio di “Mystic River” (Mystic River, C. Eastwood, 2003), e applicandolo all’intera pellicola, complice una storia di cui resta solo il cuore, evitando ogni parentesi retorica e manierista. Scenografie essenziali, montaggio efficace – un plauso al sempre bravissimo Joel Cox -, un ottima sceneggiatura e, soprattutto, una fotografia straordinaria, che gioca sul concetto più volte ribadito dallo stesso regista del “non visto” come stimolo della fantasia e delle emozioni dello spettatore, e che regala, soprattutto in primi piani e campi lunghi, momenti di grande cinema.
Limitato nel numero ma di sostanza incalcolabile il cast, con una bravissima Hilary Swank, che pare pronta per passare davvero professionista del ring, aiutata e sorretta da allenamenti intensissimi e dall’apporto fondamentale delle altre combattenti, tutte provenienti dall’ambiente del pugilato, senza alcuna concessione “hollywoodiana”, un sempre efficace Morgan Freeman, che con la sua andatura stanca e sotto le righe si rivela un caratterista di prima grandezza, e soprattutto, pur con la mancata vittoria dell’Oscar per la migliore interpretazione, uno dei più efficaci Clint Eastwood attore di sempre, una maschera di dolore e vita come raramente il cinema ha saputo mostrare. Intensa, pur se molto semplice, la colonna sonora, composta dallo stesso Eastwood che, dopo “Gli Spietati” e il tema portante di “Mystic River”, torna a imbracciare la chitarra per regalare anche emozioni in note.
Come di consueto, chiudo sottolineando i tre momenti clou della pellicola, che, in questo caso, riassumerei in tre immagini, fedele allo spirito di semplicità e rigore che pervade l’intera opera: la prima immagine – anche se, in questo caso, dovrei contraddirmi citando anche il racconto susseguente – è legata al gioco di sguardi fra Maggie e una bambina in una stazione di servizio, dove la combattente, reduce da una ferita ben più profonda di quelle sopportate sul ring, trova negli occhi di una vita ancora da vivere i ricordi più lieti del suo passato, e una speranza che qualcosa possa preservare almeno quell’apparizione dalle inevitabili sconfitte preparate dal tempo; la seconda, vede Frankie tornare verso la palestra, nel cuore della periferia dimenticata di Los Angeles, solo e abbattuto, alle spalle gli altissimi grattacieli di Downtown, quelli che vediamo splendere negli skyline da cartolina o nei film, quelli veri. Ma questa è la vita, e lo splendore è ben lontano da quello che tutti i giorni ci attende. Semplicità per immagini in una sintesi che ha pochi pari nella storia recente del cinema; l’ultima citazione che mi sento di fare è un lampo che pare chiudere tutta la vita e la carriera di Clint Eastwood attore, regista e uomo, poco prima della decisione che cambierà per sempre la sua vita e quella di Maggie. Frankie è solo in macchina, al volante, fermo, in una notte che pare non avere luna, o stelle. Se ci sono, sono lontane, in centro. Resta una spada di luce a tagliare il velo lasciando solo una maschera di inaudita sofferenza, cicatrici lasciate non dai pugni – del resto Frankie non è un pugile – ma dalla vita, e la consapevolezza che la strada che percorriamo e quella che porta alla solitudine, anche quando a muoverla e indirizzarla è l’amore più intenso che si possa provare.
Su quel volto non c’è un fotogramma, ma la vita di un film, di un attore, di un regista e di un uomo: mi auguro con tutto il cuore che Clint possa regalare ancora molte pellicole al suo pubblico, ma certamente questa è l’immagine più profonda attraverso la quale potrà essere ricordato. Golden Globes e Oscar sono meritati e indiscutibili, ma il vero valore di una pellicola come questa sarà il tesoro che significherà in futuro, come un lascito o un eredità. Speriamo che qualcuno sia pronto a raccoglierla.

Contenuti Extra
Ancora una volta, considerando gli ultimi titoli editati, la 01 propone per “Million Dollar Baby” un esauriente apparato di contenuti speciali: escludendo i consueti trailer – uno “tradizionale” ed un secondo legato alla Everlast, sponsor e fornitore ufficiale delle attrezzature utilizzate nel corso delle riprese – i tre special che costituiscono il “corpus” del secondo disco riescono ad essere interessanti senza annoiare, grazie anche a una durata mai superiore ai venti minuti. Si comincia con “Nata per combattere”, documentario sulla realizzazione della pellicola incentrato principalmente sul rapporto fra i suoi protagonisti e il pugilato e il modo stesso di vedere, interpretare e vivere uno sport controverso non solo per il pubblico, ma per gli stessi attori, Hilary Swank su tutti. Oltre al concetto di pugilato come fuga e rifugio per molti reietti della società, lo special si concentra sui reietti stessi, protagonisti assoluti di una pellicola costellata di perdenti, dall’ossatura legata al pugilato femminile, ancor più osteggiato e contestato di quello maschile. Da Maggie a Danger, passando attraverso Frankie e Scrap, la narrazione assume contorni che gli stessi attori non possono che definire “reale”, e che si traduce negli intensi racconti di Lucia Rijker, boxeur professionista e antagonista principale della Swank, che, visibilmente commossa, rivede se stessa in Maggie, con il suo sogno cresciuto attraverso sudore, sangue, lacrime e delusioni, soprattutto legate all’ambiente famigliare.
Interessante anche l’analisi, nel corso del documentario così come della pellicola, degli aspetti più scorretti del pugilato, nel lato che lega questo sport alla violenza e alle scorrettezze delle risse di strada, aspetti che sarebbe ipocrita non rappresentare, dato che, come ogni disciplina, anche la boxe presenta aspetti certo meno nobili di ideali e sogni.
Spazio dunque all’intervento di Clint Eastwood, pacato e misurato come sempre, che dichiara di aver voluto lasciare un finale “aperto” – così come fu per “Mystic river” – affinché il pubblico potesse dare una sua interpretazione degli eventi e di quello che sarebbe stato dei protagonisti. Lo stesso regista dichiara di essere da sempre stato un fan del “non visto”, un ottica che lascia più spazio all’immaginazione e ai sentimenti di chi si confronta con una pellicola o un opera artistica.
Il secondo special del disco, “I produttori”, si concentra sulla genesi pratica della pellicola fin dal suggerimento letterario di Angelica Houston – figlia del grande John, nonché co-protagonista di “Debito di sangue”, opera dello stesso Eastwood del 2002 – ad Albert Roddy, a proposito del romanzo “Million dollar baby” di Toole, di cui il produttore acquistò i diritti cinematografici dall’autore dopo un curioso incontro in un Club di Los Angeles. Interventi, oltre che dello stesso Roddy, dello sceneggiatore Paul Haggis, di Clint Eastwood e del produttore Tom Rosemberg, molto interessanti soprattutto in merito alle parole d’encomio spese all’indirizzo del regista dai suoi collaboratori e legate al suo metodo, basato, come per la musica jazz, sull’improvvisazione.
Chiude la sezione una lunga intervista a Clint Eastwood, Morgan Freeman e Hilary Swank post-notte degli Oscar, dove si torna a parlare di improvvisazione, di metodo e di approccio a personaggi e situazioni all’interno della lavorazione di un film: stupiscono il rispetto e la stima sinceri che paiono trasparire nei confronti di Clint Eastwood, ed è chiaro quanto il vecchio regista paia riuscire a mettere i suoi attori in condizioni di lavoro estremamente favorevoli affinché mantengano la propria libertà d’azione e, per dirla come Freeman, di reazione. Vengono inoltre analizzati gli aspetti dell’interpretazione dei due attori, corredati di interessanti excursus sul passato di entrambi, dall’arrivo a Los Angeles di una Swank quindicenne supportata dalla madre ai fasti di ballerino di Freeman, per giungere alle curiosità a proposito di Eastwood, che, a differenza di ogni altro regista, pare non iniziare mai una ripresa con il classico “Azione!” a causa dei suoi trascorsi come nel western, quando, con il grido d’inizio di ogni ripresa, i cavalieri tendevano a stringere di colpo le gambe attorno al cavallo innervosendolo. Così, quando la macchina scatta e si giunge allo shot, con assoluta calma, pare che Clint dichiari a mezza voce “Quando siete pronti…”: curioso pensare come, in un ruolo dipinto da sempre come dispotico, siano presenti persone come Eastwood, amato dai suoi attori come nessun altro proprio per il clima disteso che riesce a portare sul set.
Nel primo disco, contenente il film, due piccole sezioni sono dedicate ad anticipazioni cinematografiche 01 e alla filmografia essenziale dei tre protagonisti.
Concludo con un plauso per la confezione, l’edizione e i formati audio e video, ulteriore conferma dell’alta qualità dei prodotti distribuiti di recente dalla 01. Speriamo che possano continuare lungo questa strada.

Commento Finale

E’ difficile aggiungere parole a una pellicola per la quale pare non se ne senta il bisogno. Quasi impossibile, considerando che la sintesi di Eastwood non è dote comune, e, certamente, non mia. Certo è che paragoni pugilistici, sportivi o cinematografici paiono stretti e fuori luogo, ripensando a Frankie, Maggie e Scrap. Resta solo il racconto di un frammento delle loro vite. Non credo che basti, come non mi basterà continuare a rivederlo, o a ricordare, un giorno, in futuro, le opere di uno dei più grandi registi che l’America abbia avuto: ma in fondo, se è a una sconfitta che mi devo preparare, sono felice che sia lui, al mio angolo, in attesa del quindicesimo round, senza gettare la spugna, fino a quando anch’io sarò giunto alla fine dei gettoni da giocare, e la sconfitta fino a quel momento solo assaporata diventerà più reale di un taglio profondo.
Frankie mi ricucirà comunque, e spero di essere abbastanza soddisfatto, o cattivo, per averci provato. Nel frattempo, continuo a pregare che il numero di Clint continui a crescere, e che l’ultimo match sia ancora lontano. Dei “buoni” ne abbiamo abbastanza. Lasciateci così, senza perdono, da qualche parte fra il nulla e l’addio.
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Recensione a cura di:
Gianmarco Zanrč
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