La Tecnica
La pellicola, secondo quella che pare una
ben precisa scelta stilistica del regista,
segue lo scia minimalista e asciutta propria
più alla scuola africana che europea
(Kiarostami su tutti), affidandosi, per
completare le lunghe inquadrature fisse
e i primi piani, alla straordinaria bellezza
delle location, che neppure “contaminate”
dalla presenza dei turisti paiono perdere
il loro magico fascino – chi può
mai restare indifferente alla vista del
monastero dei Los Jeronimos a Lisbona, di
Santa Sofia a Istanbul, delle rovine di
Pompei o delle piramidi d’Egitto?
- .
Ottimi gli stacchi – come pause di
ritmo in una sinfonia – della nave
in mare, quasi felliniana, soprattutto in
riferimento alle inquadrature “notturne”,
di grande fascino, almeno quanto la prua
che fende le acque fra una tappa e l’altra
del viaggio di Rosa Maria e sua figlia.
Buoni il montaggio e la fotografia, completamente
“realistica”, decisamente
fedele all’occhio del “turista”,
che contribuisce a non lasciar credere che,
come spesso accade per quanto riguarda le
pellicole girate in luoghi “storici”,
tutto sia al servizio della troupe e del
lavoro ma, al contrario, pare in questo
caso sinonimo di “spontaneità”
(altra caratteristica peculiare del cinema
africano).
Ben scritti i dialoghi (pur se viziati dalla
sgradevole sensazione avuta in tutta la
doppia visione della pellicola) e discreta
la direzione degli attori, tra i quali spiccano
il pur sottotono Malkovich e l’adorabile
De Almeida, che nel ruolo di Maria Joana
da spessore a un cast che certo non brilla
per simpatia (dalla rigida pur se affascinante
Silveira alle per me insopportabili Deneuve,
Sandrelli e Papas), dando allegria, spontaneità
e una buona dose di “movimento”,
aiutata anche dalla splendida musicalità
della sua lingua madre.
A questo proposito, un grande pregio della
pellicola (e, sarebbe ingiusto negarlo,
uno dei suoi punti cardine, anche nel significato,
oltre che nel titolo), sulla scia di Godard,
è l’utilizzo delle lingue madri
di ognuno dei personaggi principali, a conferma
del fatto che, Babele a parte, nonostante
le implicite “difficoltà”
nella lettura dei sottotitoli, un film nella
sua versione originale appare sempre più
efficace (e meno manomettibile) di uno passato
al doppiaggio.
Contenuti Extra
Ancora una volta, purtroppo, i contenuti
extra languono: posso capire che le produzioni
più spettacolari e i “blockbuster”
abbiano sicuramente un serbatoio di materiale
più ampio, in questo senso, ma davvero
non capisco come mai le case di produzione
si intestardiscano, per questo tipo di pellicole,
a limitare al minimo la sezione degli “speciali”,
quando, per esempio, un documentario sulla
realizzazione o le interviste a regista
e cast renderebbero senz’altro più
interessante la monotonia degli extra.
Per quanto riguarda questo dvd, in particolare,
mi limito a segnalare il consueto trailer,
le note di produzione, le schede biografiche
e filmografiche del cast e una galleria
fotografica.
Ordinaria amministrazione.
Commento Finale
In definitiva, credo che questo film possa
dividere, più che unire, in barba
a tutti quelli che potevano essere, almeno
in partenza, gli ideali di Oliveira.
Non amo le categorizzazioni, ma credo che
una pellicola come questa possa essere accolta,
dalla critica “colta”
e dall’ “intelligentia”,
come uno dei migliori prodotti degli ultimi
anni, e il simbolo, forse, di qualcosa di
ancora più grande.
Eppure, dopo essere passato in prima persona
attraverso quest’illusione “alta”,
posso dire di ritenere la semplicità
molto più onesta di una fratellanza
retta da “illuminati”.
Da Robespierre ai maiali della fattoria
degli animali, gli illuminati non sono mai
stati un grande esempio, almeno a quanto
vedo: continuo a preferire gli Zapata (Brandiani
e non) e i Gandhi, e non leggere, anche
solo dietro le righe, “che tutti
sono uguali, ma alcuni sono più uguali
di altri”.
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