La Tecnica
Memento è un ottima pellicola. Storia,
angosce, ricordi a parte, Nolan sa bene,
evidentemente, di avere gli strumenti e
il talento per produrre prodotti di alto
livello, e, nonostante alcuni cenni di autocompiacimento
e il dubbio che possa suscitare in alcuni
che tutta la storia non sia altro che un
mero pretesto per un vuoto esercizio di
stile, non si può che rimanere colpiti
da questo film uscito – almeno in
Italia – quasi in sordina e conquistatosi,
un passo alla volta, una folta schiera di
appassionati così come buona parte
della critica.
Dal punto di vista tecnico/formale già
con la prima sequenza ci troviamo di fronte
a una variante interessante: quelli che
stiamo vedendo paiono quasi titoli di coda,
e l’istantanea che la mano del protagonista
scuote in primissimo piano sta svanendo
sotto i nostri occhi, seguendo un processo
contrario al consueto. Scopriamo, nel momento
dello “sparo”, che in
realtà tutta la prima sequenza è
in “rewind”, una sorta
di “monito”, a quanto
detto dallo stesso Nolan, per mettere gli
spettatori sull’avviso che quello
che stanno per vedere altro non è
che un labirintico flashback all’interno
della mente del protagonista, che li porterà,
andando a ritroso alla ricerca di motivazioni,
fino all’ “inizio”.
Da qui si dipana la vicenda vera e propria,
in un alternarsi di sequenze in b/n e a
colori, le prime tutte legate alle telefonate
di John G. alla camera d’albergo di
Leonard, giostrate secondo un punto di vista
oggettivo, anche per quanto riguarda le
inquadrature, perché, se è
sempre Leonard il centro del nostro sapere
all’interno del film, è vero
che i racconti del suo passato prima dell’incidente
rappresentano le sue – e nostre –
certezze; le seconde, invece, fanno parte
di quel “passato” che ha condotto
il protagonista e il suo odiato avversario
alla resa dei conti della sequenza d’apertura,
e, poste ad incastro, spiegano un passo
alla volta il perché della scena
a colori precedente. Parlando di queste
ultime, inoltre, non si può fare
a meno di notare come, soprattutto attraverso
inquadrature appena dietro le spalle del
nostro protagonista, particolari e carrellate
tutte su di lui incentrate, anche la regia
ci indichi una strada che porta all’immedesimazione
quasi totale dello spettatore.
Ottimo il ritmo, mai in stanca o con una
pausa, grazie soprattutto al fatto che,
come Leonard, anche noi siamo alla ricerca
dei ricordi – e quindi della plausibile
verità di ogni sequenza, in quella
successiva – percui Nolan riesce a
catalizzare tutta l’attenzione senza
alcuna requie.
Molto buono il montaggio, curato e, probabilmente,
visto e rivisto per ottenere il miglior
effetto possibile dal girato. Efficaci e
decisamente ottime scenografia e fotografia,
la prima completamente anonima – come
rivelato nelle interviste degli extra, Nolan
voleva che si potesse identificare una qualsiasi
cittadina americana senza avere indicazioni
geografiche particolari (Leonard dichiara
di essere di San Francisco, ma per certo
non ci troviamo nella sua città)
– ma perfettamente “nel ruolo”,
la seconda viva e pulsante, anche se legata
a gamme di colori fredde (le sequenze soggettive
sono per la maggior parte legate a particolari
tendenti al blu, quelle oggettive a un b/n
seppiato, che fa quasi pensare all’utilizzo
di filtri per gli obiettivi).
Plauso anche per la sceneggiatura, sempre
ad opera di Christopher Nolan, non a caso
premiata al Sundance Film Festival 2001,
al London Critics Award 2001e al Catalonian
International Film Festival 2000, curata,
serratissima ed efficace nella quasi totalità.
Ottima la scelta del cast, bravissimo Guy
Pierce (attore sottovalutato, forse per
la sua faccia da “boy scout”),
disorientato e a disagio quasi davvero non
avesse alcuna memoria degli eventi, ottimo
anche nell’uso della voce, in originale
– nonostante un doppiaggio buono –
decisamente più incisiva rispetto
l’edizione nostrana, in parte Carrie-Anne
Moss, molto più bella qui che nel
ruolo della Trinity matrixiana, ma la menzione
d’onore va a Pantoliano, subdolo e
infido come poche “metà oscure”
si sono viste, almeno negli ultimi anni.
Chiudo spendendo due parole per la qualità,
senz’altro buona, di audio e video,
e per il regista, questo trentacinquenne
pieno di talento che, se continuerà
a questi livelli e starà attento
a non “bruciarsi” con
produzioni ad alto costo e/o troppo affrettate,
potrebbe davvero diventare uno dei nomi
più interessanti del prossimo futuro,
ottimo esempio di come tecnica ed estro
possano convivere anche nella stessa persona.
Contenuti Extra
Questa seconda edizione di Memento, difficile
da reperire ma sicuramente di ottima fattura,
prevede un doppio dvd con numerosi contenuti
extra così suddivisi: nel primo disco,
oltre, ovviamente, al film stesso, possiamo
trovare i trailer (italiano e originale),
le biografie e filmografie di Nolan, Pierce,
Carrie-Anne Moss e Joe Pantoliano, i dati
sul cast tecnico e artistico, due galleries
(una dedicata ai dettagli dei numerosissimi
tatuaggi presenti sul corpo di Leonard Shelby
e l’altra ai ritagli di giornale e
appunti che lo stesso Leonard studia e scrive
nel corso del film) e un esaustiva intervista
al regista, che spazia dalla fragilità
della memoria e del suo legame con le nostre
vite alla genesi della pellicola, nata da
un idea per un racconto di Jonathan, fratello
del regista, da lui stesso adattata per
lo schermo e, come rivela nell’intervista,
ultimata con la stessa tempistica del lavoro
di prosa. Si parla anche di noir come genere,
di definizioni, della volontà di
Nolan di evitare citazioni particolari pur
ammettendo influenze “inconsce”
di altri film e registi (citiamo, in questo
caso, Welles, non per la tecnica o la scomposizione
temporale, quanto per l’approccio,
il “perdersi” nel protagonista
come fosse lui a contenere la pellicola,
e non viceversa), della sfida rappresentata
da un narratore principale completamente
inattendibile, a causa del suo problema,
agli occhi del pubblico, che pure è
costretto a immedesimarsi nella sua unica
guida attraverso la vicenda, e dell’uso
del tempo, che, come ribadisce lo stesso
regista, non è distorto o frammentato,
ma semplicemente “al contrario”.
Il secondo dvd della confezione è
invece dedicato a due principali sezioni:
la prima, “Anatomia di una scena”,
nonostante il titolo italiano, analizza
passando attraverso ogni dettaglio tecnico
e numerose interviste, la realizzazione
della pellicola (genesi, casting, fotografia,
produzione, scenografia per citare alcune
delle sezioni), prendendo la forma di un
vero e proprio mini documentario; la seconda,
“Otnemem”, altro non
è che la riproposizione della pellicola
secondo un montaggio alternativo supervisionato
dallo stesso Nolan che ci permette di rivedere
il film in versione “cronologica”.
Certo il risultato è meno affascinante
e “perso”, e può
rivelare qualche punto debole della storia,
ma al contempo è utile soprattutto
per cogliere particolari sfuggiti nella
ridda d’informazioni convulse che
bombardano gli spettatori nella versione
“normale” della pellicola.
Nel complesso, un ottima sezione extra,
da vedere con lo stesso interesse del film.
Commento Finale
Si potrebbero dire ancora molte cose, di
una pellicola come questa, che, con apparente
freddezza e perizia tecnica, affronta un
tema poco trattato ma estremamente toccante
e delicato come quello della memoria, inserito
in una cornice degna del miglior noir contemporaneo,
eppure, ripensando alle emozioni provate
ad ogni visione, penso che l’indicazione
migliore, per una volta, sia stata data
dalla frase portante della campagna promozionale
del film.
Ricordati di non dimenticare.
E questo è il mio consiglio. Guardatelo,
riguardatelo, gustatelo in ogni sfumatura,
dalla paura alla speranza. Poi tornate a
leggere quella frase, prendetevi un appunto,
tenetela a mente, se proprio non avete altra
soluzione, tatuatela. Ma, assolutamente,
tenetela sempre presente.
Questo è un film che fra una decina
d’anni, e più, si farà
fatica a non prendere in considerazione.
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