La Trama
Leonard Shelby (G. Pierce) è un investigatore
assicurativo. E’ bravo nel suo lavoro,
e sa individuare la menzogna guardando i
suoi interlocutori negli occhi, osservandone
la mimica. E’ sposato, e ama sua moglie,
la loro vita, i piccoli momenti che rendono
un legame speciale.
Una notte due uomini fanno irruzione in
casa di Leonard, violentando e uccidendo
la sua amata: l’investigatore riesce
a intervenire freddandone uno, e, aggredito
dal secondo, in seguito a un colpo alla
testa subisce un trauma che non gli permetterà
mai più di ricordare tutto quello
che, da quel momento, gli accadrà.
Così, in cerca di vendetta, escogitando
un complesso sistema basato su istantanee,
appunti e tatuaggi, l’uomo si butta
a capofitto nella ricerca dell’assassino
di sua moglie. Tutto quello che possiamo
sapere è che all’inizio della
storia Leonard Shelby ha finalmente trovato
chi cercava: John G. (J. Pantoliano), l’uomo
che subirà la sua vendetta. Il responsabile
di quanto accaduto alla donna amata e alla
sua stessa vita. Leonard uccide John G.,
con un colpo di pistola, fotografandone
il cadavere per non dimenticarsi della sua
vendetta. Ma come è arrivato fino
a questo punto? Ed è davvero la fine
della ricerca? Quell’uomo è
l’assassino, o uno dei tanti John
G. che Leonard, non più in grado
di percepire il tempo che scorre, ha già
ucciso?
A ritroso percorriamo, come nella sua mente,
la ricerca – lunga giorni, settimane,
mesi? – di questo John G., attraverso
bugie, sfruttamenti, droga, amicizie –
ma sono davvero amici Teddy (sempre J. Pantoliano)
e Natalie (C. Moss)? - soldi, omicidi, ricordi.
Quelli che Leonard conserva ancora, e quelli
che crede di conservare. Arrivati all’inizio,
ricorderemo ancora la fine?
Commento
La mattina, quando ci svegliamo, qualsiasi
cosa ci aspetti – lavoro, studio,
amici, compagna/o – sappiamo, bene
o male, tutto quello che dobbiamo fare.
Una doccia, lavarsi i denti, colazione,
vestirsi, e poi via, secondo i programmi:
fate una pausa. Cosa fareste se ad ogni
risveglio non ricordaste più dove
vi trovate, con chi avete parlato il giorno
prima, cosa avete mangiato, dove dovrete
andare, nel corso della giornata, e con
chi? Cosa fareste se, guardandovi allo specchio,
doveste leggere, tatuate sul vostro corpo,
indicazioni come “ricordati di
lavarti” o “ricordati
di mangiare”, o meglio: “John
G. ha violentato e ucciso mia moglie”,
“trovalo e uccidilo”?
Molti sarebbero gli spunti forniti dall’idea
che ha portato alla genesi di questa pellicola,
altrettanti quelli suggeriti dal film stesso,
eppure credo che, noir, omicidi, ritmo e
tensioni narrative a parte, due scene in
particolare siano emblematiche rispetto
alla problematica analizzata – o raccontata
– dal bravissimo Nolan: la prima riguarda
Sammy Jankis, il caso più “serio”
di cui l’investigatore Shelby si occupa
prima del suo incidente. Sammy è
un uomo come tanti: ha una casa, una moglie,
un lavoro. Poi, a seguito di un incidente
stradale, la sua memoria subisce un danno
irreversibile. Da quel momento Sammy, perfettamente
a suo agio con ogni nozione appresa o ricordo
presenti prima dell’incidente, ha
la capacità di immagazzinare “dati”
soltanto per un paio di minuti, prima di
dimenticarsene completamente. Tralasciando
quello che lo sviluppo della trama offre
– e si parla senz’altro di uno
degli episodi più toccanti della
pellicola – Leonard, raccontando di
Sammy, traccia con una sola frase uno dei
ritratti più amari di un dramma come
quello della perdita subita dall’uomo,
una cosa così semplice da cui dipendiamo
e a cui non facciamo quasi mai caso: la
memoria a breve termine, appunto. L’investigatore
riferisce infatti che Sammy, incapace, nel
suo stato, di memorizzare anche la trama
di un telefilm, segue in televisione soltanto
le pubblicità, che dimentica, naturalmente,
subito dopo aver visto, ma che può
osservare afferrandone il senso senza chiedersi
da dove tutto era iniziato.
La seconda scena è la chiave di volta
del rapporto fra il protagonista e Natalie,
misteriosa, affascinante donna nella quale
Leonard s’imbatte per caso (?) in
seguito a vicende che soltanto successivamente,
nel nostro percorso a ritroso, scopriremo:
siamo a casa di Natalie, lei è appena
rientrata, Leonard l’aspettava. E’
stata picchiata, le sanguina un labbro e
ha il volto tumefatto. Leonard chiede cosa
le sia accaduto, lei risponde che Dodd,
un uomo in cerca dei soldi spariti con il
suo ragazzo tempo prima, la accusa di aver
nascosto il denaro e la minaccia di ucciderla,
se l’intera somma non dovesse essergli
restituita. L’investigatore, a questo
punto, s’incarica di intervenire in
modo che Dodd smetta di essere una minaccia
per Natalie. Stacco. Interludio. Torniamo
a casa di Natalie, solo pochi minuti prima
della scena appena descritta: Natalie ha
appena condotto Leonard nel suo appartamento,
offrendosi di aiutarlo in cambio del suo
intervento per eliminare Dodd, che la perseguita
dalla scomparsa del suo ragazzo. Leonard
rifiuta, affermando con sicurezza di non
essere un assassino su commissione, segue
un litigio con Natalie, che provoca il protagonista,
lo chiama minorato, insulta la memoria di
sua moglie ridendo del fatto che lui rimuoverà
ogni cosa. Leonard è allo stremo,
colpisce Natalie, in pieno viso, due volte.
Natalie esce di casa, Leonard cerca, senza
successo, una penna per annotare l’accaduto.
Passano pochi minuti, e Natalie rientra,
il viso tumefatto, Leonard chiede cosa le
sia accaduto, lei risponde che Dodd, un
uomo in cerca dei soldi spariti con il suo
ragazzo tempo prima, la accusa di aver nascosto
il denaro e la minaccia di ucciderla, se
l’intera somma non dovesse essergli
restituita. L’investigatore, a questo
punto, s’incarica di intervenire in
modo che Dodd smetta di essere una minaccia
per Natalie.
Qual è il valore della memoria, la
sua importanza nelle nostre azioni quotidiane?
Come cambierebbe la percezione dei nostri
cari, se domani ci svegliassimo senza ricordare
chi siano, dovendoci fidare soltanto di
foto scattate fugacemente e corredate di
appunti da noi stessi annotati per non confondere
le intenzioni delle persone, per non esserne
sfruttati?
Molte domande sorgono, di fronte a una problematica
così poco discussa eppure agghiacciante,
nella sua prospettiva: vedendo Sammy cambiare
meccanicamente i canali alla ricerca di
una nuova pubblicità, o Leonard non
ricordarsi di avere lui stesso picchiato
l’amica che sfrutta la situazione
in modo che il protagonista le faccia un
favore che normalmente non concederebbe,
sono rimasto paralizzato da un terrore senza
via d’uscita, che nessun film specializzato
nella paura è stato mai in grado
di suscitare, in me. La paura di dimenticare
non chi siamo, ma tutto quello che possa,
intorno a noi, confermarcelo. Teddy/John
G., machiavellico “cattivo”
– se, in una pellicola del genere,
possano davvero essere così nette
le definizioni dei personaggi – mente
a Leonard basandosi sul suo disturbo, mettendolo
di fronte al dubbio che al mondo potrebbero
esserci milioni di John G., e che lui stesso,
senza ricordarsi del John G. precedente,
potrebbe rimettersi sulle tracce di un nuovo
assassino di sua moglie soltanto il giorno
seguente il compimento della tanto attesa
vendetta. La cosa più tragica è
che, osservando Leonard muoversi brancolando
nel buio – e non solo, ma brancolando
con lui, grazie a una narrazione “in
soggettiva” oltre che a ritroso
e a una regia che predilige inquadrature
sempre legate al protagonista – che
sia l’inizio, o soprattutto la fine
della storia – o viceversa, considerando
il racconto – nessuno di noi potrà
mai negare il dubbio istillato più
nella nostra mente che in quella dell’investigatore,
da John G.
Sarà davvero stato lui, a uccidere
la moglie di Leonard? Noi lo sappiamo, giunti
alla conclusione – ovvero all’inizio
della storia - . Ma cosa sarà se
il nostro protagonista dovesse dimenticarsi
di appuntare o tatuarsi di aver ucciso il
suo John G.?
Domani, al risveglio, l’assassino
di sua moglie, sarà di nuovo senza
un volto, e Leonard ancora una volta in
caccia. Non sa quanto tempo è passato,
e neppure noi. Quante volte potrebbe essere
accaduto? Mai? Una, dieci, cento, mille?
Non possiamo saperlo. “Non ci si
può fidare della memoria, non è
attendibile come i fatti”, risponde
sicuro Leonard a Teddy/John G.
Ma cosa sono i fatti senza il ricordo? Noi
siamo la nostra memoria, e viviamo in quella
degli altri. Un antico detto recita: “L’immortalità
sta nel ricordo di chi ci ha amati”.
Cosa accadrebbe a un mondo senza memoria?
Continua
|
|
|