La Tecnica
Come per il già premiato “Central
Do Brasil” Salles si dimostra
abile a trattare, senza eccellere ma senza
neppure scadere, sentimenti e crescite,
mescolando una buona abilità nel
raccontare con straordinarie location, attori
dotati (attenzione a Garcia Bernal, rischia
di diventare uno dei volti nuovi del cinema,
sperando che anche lui non cada nelle trappole
della Hollywood dei kolossal), ottima fotografia
e buon montaggio, per una pellicola “semplice”
negli aspetti migliori del termine come
non vedevo da troppo tempo (credo addirittura
dall’ eccezionale “Hong Kong
Express” di Wong Kar Wai –
datato 1994!!! - ).
Sicuramente migliore, per tecnica e “approccio”,
la prima parte, più intensa ma anche
più “facile” la
seconda, che comunque ha il grande merito
di riscoprire le radici della cultura “Latinoamericana”
(per citare anche il titolo dato al diario
scritto da Ernesto durante il viaggio) nelle
antiche lingue dei nativi – molto
toccanti gli episodi di Cuzco, “il
cuore di questa nostra America”,
come dice Ernesto, e della visita alle rovine
del Macchu Picchu, uno dei siti, a mio parere,
più affascinanti al mondo –
e nei luoghi dove, tuttora, convivono la
quasi perduta cultura Inca e quella degli
“Incapaci”, come la guida
Nestor definisce gli spagnoli invasori a
proposito della loro abilità di architetti.
Ottime anche le sequenze “cittadine”
(Lima e Valparaiso su tutte) e mai fuori
luogo gli intervalli più scanzonati,
legati per la maggior parte alla figura
di Alberto ma, soprattutto, simbolo di una
tranquillità e di una leggerezza
che – altro merito della pellicola
– pare passo passo scomparire nel
corso del viaggio, per lasciare spazio alla
commozione di Alberto e ai dubbi, tutti
espressi dai suoi occhi, a proposito del
cambiamento dell’amico Ernesto che,
sempre attraverso lo sguardo, pare non aver
bisogno di comunicare quale sarà,
infine, la strada che deciderà di
intraprendere e che lo porterà di
nuovo in viaggio, terminati gli studi, attraverso
tutta la sua America, fino a L’Havana
e alla rivoluzione, fino al Che e al nuovo
incontro con Alberto, a Cuba, otto anni
dopo essersi lasciati a Caracas, nel 1960.
Fino all’abbandono delle cariche conquistate
a fianco di Castro, fino al ritorno alla
lotta, e alla morte. Ma questa è
un'altra storia, più complessa, drammatica,
intensa forse, ma non meno importante di
quei primi passi mossi quando ancora il
“Comandante” era lontano.
Non so come sarà il film tanto atteso
sul Che, sceneggiato da Terrence Malick
e diretto da Soderbergh, ma, pur nel suo
piccolo, credo che Salles e tutta la troupe
abbiano fatto il miglior lavoro possibile,
un lavoro “di passaggio”
che, volutamente oppure no, è straordinariamente
identificabile con la materia affrontata
e con la maturazione dei suoi protagonisti.
Ultimi appunti per la qualità audio
e video, nel complesso buona,e un doppiaggio
non sempre impeccabile, certo deficitario
rispetto alla lingua originale (forse, nonostante
alcuni nostri egregi doppiatori, sarebbe
il caso di uniformarsi alla maggior parte
dei paesi del mondo e proporre film sottotitolati,
malgrado la maggior parte del pubblico possa
storcere il naso anche solo all’idea
di leggere e vedere nello stesso tempo).
Nel complesso, comunque, tecnicamente così
come a livello contenutistico, finalmente
un prodotto artistico non pretenzioso e,
allo stesso tempo, per tutti.
Contenuti Extra
Per la prima volta da diverse reviews a
questa parte, i contenuti extra si rivelano
discreti, innanzitutto grazie all’inserimento
nella confezione del diario di Guevara “Latino
Americana”, cronaca del viaggio
raccontato nel corso della pellicola, di
cui possiamo individuare stralci e citazioni
nei momenti di riflessione di Ernesto/Gael
Garcia, un ottima lettura che ci avvicina
al ragazzo Guevara, al “Fuser”
che ancora non è divenuto “Che”,
ma che sta muovendo i primi passi verso
il suo futuro. Interessanti anche le interviste
ai due protagonisti, al regista e ai produttori
Redford e Nozick, dove emergono principalmente
il grande rispetto per lo stesso Guevara,
lo stimolo di recitare nei suoi panni e
di raccontare una storia che sta alle spalle
di un uomo che ha fatto la Storia, e alcuni
particolari sulla genesi del film e sulla
produzione, legati all’interessante
backstage (peccato non sia commentato) e
alla clip di presentazione della pellicola,
che, partendo da stralci delle stesse interviste,
e montando immagini del film, da un idea
buona di quello che è stato realizzato
e che ha portato alla realizzazione dell’opera.
Chiude la sezione il consueto angolo dedicato
ai trailers.
Ultimi due appunti: per chi volesse approfondire
la conoscenza di quelle vicende, oltre alla
lettura di “Latinoamericana”
e di “Un gitano sedentario”,
autobiografia di Granado uscita in concomitanza
al film, e della realizzazione stessa della
pellicola, consiglio l’acquisto del
dvd “In viaggio con Che Guevara”,
documentario girato dal direttore artistico
del film Gianni Minà nel corso delle
riprese.
Resta poi un ultima, grave pecca che, purtroppo,
tocca tutta la linea BIM/Feltrinelli Real
Cinema: il formato. Di qualche centimetro
più grande delle normali custodie
per dvd, queste confezioni sono l’incubo
di qualsiasi collezionista ordinato, impossibili
da sistemare accanto alle altre e assolutamente
asimmetriche, sempre guardando i dvd “comuni”.
Da dimenticare.
Commento Finale
“Non è questo il racconto di
gesta impressionanti, ma neppure quel che
si direbbe normalmente un racconto un po’
cinico; per lo meno, non vuole esserlo.
E’ un segmento di due vite raccontate
nel momento in cui hanno percorso insieme
un determinato tratto, con la stessa identità
di aspirazioni e di sogni.”
Credo che, per una volta, una citazione
sia meglio di mille parole per definire
questa pellicola.
Non sarà Quarto potere, né
un capolavoro immune al tempo, ma è
semplice, diretto e sincero, tre pregi che,
sempre di più, paiono perdersi lungo
la strada.
E’ bello che ogni tanto qualcuno se
ne ricordi. Hasta siempre, Ernesto e Alberto.
Viaggiare con voi è stato un privilegio.
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