La Trama
Terzo secolo avanti Cristo, la futura Cina
è ancora una lontana idea, e il suo
attuale territorio diviso in sette regni
nemici, per la prima volta avviati verso
la dominazione del più potente di
essi, Chin (Qin), governato da un regnante
inflessibile (Chen Dao Ming) e supportato
da un esercito che fa degli arcieri il suo
punto di forza. Solo un ostacolo pare frapporsi
al suo dominio: tre celebri assassini ribelli
del regno di Chao, Cielo (Donnie Yen), Neve
che vola (Maggie Cheung) e Spada spezzata
(Tony Leung), impareggiabili guerrieri che
costringono il re di Chin a una vita d’isolamento
e sospetto, ancora scottato da un attacco
al suo stesso palazzo portato da Neve che
vola e Spada spezzata – amanti, oltre
che compagni – avvenuto tre anni prima.
Senza Nome (Jet Li), prodigioso guerriero
sovrintendente di una piccola provincia
di Chin, si presenta un giorno al suo sovrano
portandogli in dono la lancia d’argento
di Cielo e le spade di Neve che cade e Spada
spezzata, affermando di averli uccisi in
combattimento. Il sovrano, finalmente liberato
del suo più grande cruccio, chiede
all’eroe di narrargli le gesta che
lo hanno portato alla vittoria, ascoltando
attentamente e premiando Senza Nome accordandogli
terre, oro e la possibilità di bere
sedendosi a soli dieci passi dalla sua persona.
Così, Senza Nome rende partecipe
il re del suo duello con Cielo avvenuto
in una sala da gioco, al ritmo di pioggia
e musica, e di come, complice una notte
d’amore concessa da Neve che vola
allo stesso Cielo, abbia fatto in modo che
la donna e Spada spezzata finissero una
contro l’altro, rendendo il compito
di Senza Nome accessibile: venuto a conoscenza
del tradimento dell’amata, l’impareggiabile
Spada spezzata, infatti, a sua volta tradisce,
soltanto per essere ucciso dalla stessa
Neve che vola, che, turbata dal suo gesto,
è facile preda dell’abile Senza
Nome.
Il sovrano, ascoltato il racconto, si mostra
però molto scettico riguardo i fatti,
memore del suo scontro con Spada spezzata
e della rettitudine di quest’ultimo:
dubita, così, di quanto riferito
da Senza nome, offrendogli una sua interpretazione
dei fatti prima che lo stesso, apparentemente
infallibile eroe getti la maschera rivelando
quello che, in realtà, è stato
il percorso che l’ha condotto fino
al sovrano, e quali siano le vere intenzioni
che animano il suo cuore.
Quale destino è stato riservato a
entrambi? E quali sacrifici andranno compiuti
per il futuro dei sette regni?
Commento
“Si può sacrificare la vita
per diverse ragioni: per amicizia, per amore,
per un ideale. E si può uccidere
per le stesse ragioni… In ogni guerra,
gli eroi sono da entrambe le parti.”
Con questo incipit si apre la prima epopea
“storica” firmata Zhang Yimou,
al suo esordio assoluto nel film d’avventura
con un “cappa e spada” sicuramente
più intenso, efficace e vibrante
del pur interessante “La tigre e il
dragone”, che tanto aveva raccolto
qualche anno fa, aprendo, di fatto, la strada
a un genere che pareva ormai destinato soltanto
alle platee orientali.
Una pellicola ad alto tasso di spettacolarità,
con interpreti tra i più famosi del
panorama asiatico, un accademismo formale
supportato da una fotografia certamente
d’effetto, e messaggi ben più
profondi nascosti da una campagna pubblicitaria
che faceva del combattimento il cuore della
pellicola: niente di più sbagliato,
come, già dalla prima visione, ogni
spettatore potrà notare. Lo stesso
incipit sopra citato, forse retorico, ma
certo “al posto giusto”, crea
una sorta di “falla” nel pensiero
di chi, al cinema o di fronte allo schermo
del televisore, si aspetta una sorta di
maxi battaglia senza requie a base di arti
marziali e spettacolari voli “alla
Matrix”: portatore del messaggio a
mio modo di vedere tendenzialmente pacifista
della pellicola(o perlomeno, che prospetta
la pace come soluzione finale – vedi
lo straordinario “Il mestiere delle
armi” di Ermanno Olmi, per citare
un altro titolo motivato dalla stessa pulsione
-), più che l’eroe protagonista,
è il saggio Spada spezzata, che,
già dal nome legato all’inconsueta
forma della sua arma, dovrebbe suggerire,
al pubblico, una riflessione immediata.
Quale guerriero invincibile e spietato,
del resto, si farebbe mai chiamare Spada
spezzata? Il migliore di tutti, a quanto
si evince dalla storia, l’unico che
abbia raggiunto un livello di tecnica così
alto da comprendere che il guerriero più
pericoloso, e più saggio, è
colui che combatte senza alcuna arma, ma
soltanto con la forza del suo cuore.
I nomi paiono essere la chiave dell’interpretazione
del “triangolo” che si crea
fra il succitato Spada spezzata, la sua
amata Neve che cade e Senza nome: se il
primo rappresenta, appunto, la maturazione
finale del guerriero (non sono certo nuovi
i casi di grandi combattenti – soprattutto
nell’area orientale – ritiratisi,
negli anni, mostrando un evoluzione che
parte dalla spada per arrivare alla “mano
nuda” – su tutti ricordo il
giapponese Musashi Miyamoto, uno dei samurai
più abili di sempre, divenuto pittore
e poeta, celebre per il suo “Libro
dei cinque anelli” e, in patria, celebrato
con serie tv, film, romanzi e fumetti, o
la stessa definizione del karate come, appunto,
“mano aperta”-), la seconda,
elegante e leggera come la neve di cui porta
il nome, porta con sé il fuoco che
brucia nel cuore, la passione, la capacità
di “scottare” che solo il freddo
ha, senza distruggere; Senza nome, infine,
pare assumere un significato ancor più
immediato, agli occhi dello spettatore,
rispetto a Spada spezzata: l’eroe
che da il titolo alla pellicola, infatti,
rappresenta, probabilmente, non una, e non
solo la sua vita, ma, come – di nuovo
– possiamo rileggere nell’incipit,
quelle di uomini e donne che, alla nascita
di un paese contribuiscono, in modi diversi,
e con diverse sorti, ma che, ugualmente,
nelle loro scelte, hanno segnato il destino
di una nazione che non è più
soltanto loro, e che, probabilmente, di
loro non si ricorderà come loro stessi.
Emblematica la sequenza finale, con il confronto
fra Spada spezzata e Neve che vola da una
parte e il re e Senza nome dall’altra:
discepoli e guardiani, attorno, non potranno
cogliere l’immediata natura della
solitudine di questi uomini e donne, eppure,
migliaia di anni dopo, ancora, nel bene
e nel male, un intera popolazione ne coglierà
i frutti, guardando “l’unico
cielo” che anima le azioni dei ribelli
e, come lo stesso sovrano ammette, rende
possibile che “l’uomo che più
lo comprende è lo stesso che, a ragione,
lui possa considerare come il suo più
pericoloso avversario.”
Lo stesso Cielo, così come l’allieva
di Spada spezzata, pur se in modo marginale
rispetto ai protagonisti, paiono vivere
secondo il rispetto di questo ideale: una
sorta di sacrificio che, al di là
delle barriere imposte da confini e culture
profondamente diverse, potrebbe, a tutti
gli effetti, essere applicabile al mondo
intero, se soltanto si pensa a racconti
che, nella loro diversità, portano
messaggi così simili da fare quasi
paura: in tal senso pare doveroso citare
il sottovalutato capolavoro mancato di Scorsese,
“Gangs of New York”, dove uomini
e donne che si sono combattuti, amati, dispezzati,
rispettati, e che hanno posto le fondamenta
di una delle città attualmente più
importanti del mondo, sono finiti uno accanto
all’altro, nella stessa terra che
ora nutre i figli delle loro battaglie.
Nessuno ha ragione, nessuno ha torto, in
guerra, e gli eroi possono vivere da entrambe
le parti. Ma se guardiamo quello che il
nostro stesso cuore nasconde, ne estrapoliamo
la più profonda struttura, allora
forse scopriremo una risposta che non sta
nel principio, e non può finire con
la fine. “Andiamo a casa, ora.”
– sussurra Neve che vola al suo compagno
– “Non dimenticatevi.”
– grida Senza Nome al sovrano, andando
incontro al suo destino. Sussurri e grida.
Anche questo rimanda a un altro grande film
che parla della vita. Perché questo,
forse, è, alla fine. Anche il cinema,
la “finzione” per eccellenza,
altro non è che una ricerca di quella
struttura che Spada spezzata trova oltre
la sua arma, nelle parole che, sulla sabbia,
scrive di fronte all’eroe. Un eroe
“senza nome” per “un unico
cielo”. Zhang Yimou non poteva essere
più chiaro.
Continua
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