La Tecnica
Tecnicamente parlando, credo potrebbero
bastare due parole a definire l’intera
pellicola: Martin Scorsese.
Premiato (cosa, purtroppo, accaduta fin
troppo raramente nella sua straordinaria
carriera) a Cannes per la miglior regia
al Festival del 1986, “Fuori orario”,
girato volutamente e interamente di notte
anche per gli interni (Griffin Dunne dichiara
di “aver vissuto otto settimane come
un vampiro”) applica, agli scenari
e alle atmosfere già viste in Taxy
Driver, una sensibilità e un approccio
quasi “Hitchcockiano”
nel distacco divertito che separa il regista
dal suo protagonista, al grande senso del
ritmo, fino a sequenze straordinarie come
quella del lancio delle chiavi di Kiki dalla
finestra, verso l’ancora ignaro Paul:
in quest’occasione, grazie a una telecamera
montata su un asse assicurata da due elastici
(in puro stile “jumper”) e fatta
cadere nel vuoto da una finestra verso il
protagonista, si ha una straordinaria “soggettiva”
del mazzo di chiavi subito alternata a un
inquadratura dal basso in cui, anche da
spettatori, pare quasi impossibile sottrarsi
all’arretrare di un passo, proprio
come Paul (a tal proposito, approfitto per
ricordare il sempre ottimo lavoro della
grandissima montatrice Thelma Shoonmaker).
Sapiente l’uso delle inquadrature,
ottimi i giochi campo/controcampo, specialmente
nei dialoghi, le sequenze in strada con
il frequente utilizzo di carrelli e quelle
“di fuga”, che lo stesso
Dunne ricorda come le uniche, nella sua
carriera di attore, dove gli sia stato chiesto
“di correre a perdifiato come se
ne dipendesse la sua vita”.
Buona la fotografia, ottime le luci, perfettamente
“nel ruolo” la colonna
sonora, pur se penalizzata, così
come gli effetti e i dialoghi, da una versione
in mono della pellicola (ancora non capisco
come sia possibile, con i mezzi tecnici
di oggi, non rimasterizzare le tracce audio
di ogni film riproposto in dvd).
Ottima la direzione degli attori, così
come il cast stesso: eccezionale Dunne,
entrato perfettamente nella parte di Paul,
bellissima la Arquette, nel ruolo tutti
gli altri personaggi, e bravi gli attori
che, in ogni momento, paiono passare dalla
tranquillità alla loro follia in
perfetta “normalità”
(ricordo, in questo caso, la figura del
barista Tom, sia alle prese con il registratore
di cassa che con il destino della sua ragazza).
In una pellicola come questa, già
“cult” per definizione,
è difficile trovare una qualche scena
che ne rappresenti l’essenza in particolare,
ma credo che il primo piano della “statua”
di cartapesta dal portello posteriore del
furgone che si allontana da Soho dopo l’ultimo
colpo dei ladri d’appartamento (interpretati
da Cheech&Chong, ben noti ai fan di
Tarantino – soprattutto il primo –
e agli appassionati di cultura americana
degli anni ‘70) sia a dir poco magistrale,
per la scelta dell’inquadratura così
come per il significato.
Ancora una volta, “il più
grande regista americano vivente”,
così come lo definiscono molti, pur
se in uno dei momenti più duri della
sua carriera, dopo la cancellazione –
pur se solo momentanea – de “L’ultima
tentazione di Cristo”, centra
il bersaglio con tecnica, ritmo, ironia
e intelligenza, concedendosi anche (e qui
torniamo a Hitchcock) una delle sue consuete
“apparizioni” nelle sue opere
(è l’uomo che muove il faro
all’interno del “Berlin”
durante la serata mohawk).
Contenuti Extra
Discreta, pur se non eccezionale, la sezione
dedicata agli extra: ai consueti commenti
del regista, di Griffin Dunne e Amy Robinson,
di Thelma Shoonmaker e Michael Ballhaus,
e al trailer, si aggiungono una sezione
di scene inedite – pur se non determinanti
o particolarmente interessanti – e
il “pezzo forte” degli
extra stessi, un documentario di circa venti
minuti sulla realizzazione del film e sulla
sua genesi, interessante per scoprire aneddoti
divertenti (come il racconto di Dunne sulla
realizzazione della scena del lancio delle
chiavi), curiosità tecniche (la volontà
di Scorsese di girare sempre di notte, la
scelta delle inquadrature segnalata sulla
sceneggiatura a tutti gli attori) e “di
costume” (Scorsese, la prima scelta
di Dunne e della Robinson, produttori e
“scopritori” del copione al
Sundance Film Festival, era impegnato, ai
tempi del loro primo contatto, con “L’ultima
tentazione di Cristo”, così
la scelta ricadde sull’allora quasi
esordiente Tim Burton, che si tirò
indietro non appena seppe che Scorsese,
cancellata “L’ultima tentazione”,
si era di nuovo interessato al progetto).
Un vero modello di quello che può
essere un documentario da “Contenuti
extra”, mai noioso, non eccessivamente
lungo, con la giusta dose di curiosità
e particolari tecnici: una piccola chicca
all’interno di un edizione certamente
non “speciale”, per un
film che meriterebbe certo qualcosa di molto
meno “ordinario” (se
si esclude l’ovvio salto di qualità
visivo del dvd, il resto, sonoro e confezione
compresi, non spiccano certo rispetto alla
media delle produzioni attuali).
Commento Finale
Credo che anche i non appassionati di cinema
conoscano, o abbiano visto almeno un film,
del maestro Martin Scorsese. E credo anche
che la maggior parte, cinefili oppure no,
sia quasi unanime nel raccogliere in Mean
Streets, Taxy Driver e Toro scatenato, o
nell’accoppiata Casinò/Quei
bravi ragazzi i capolavori del regista:
eppure, nascosto in una notte di pioggia,
dietro tutti questi “colossi”,
“Fuori orario” ha trovato
un suo spazio, una sua dimensione, quella
“casa” che Paul Hackett
insegue per tutti i novantatrè minuti
di questa intensissima pellicola.
Se ancora non vi è chiaro il significato
del termine “cult”, almeno
in termini cinematografici, non c’è
modo migliore di questo per poterlo afferrare
pienamente.
E anche se sarà il povero Paul a
farne le spese, quel sorriso che avrete
alla fine non sarà facile da mandare
via. Assolutamente da vedere.
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