C'è qualcosa che va oltre l'arte
e arriva alle viscere, è qualcosa
che senti come vitale, imprescindibile,
che cambia non il tuo gusto estetico, ma
la tua vita interiore quasi senza rimedio...
è la scoperta della verità,
e il dolore legato aquesta scoperta... è
"Fahrenheit 9/11, la temperatura
a cui brucia la verità".
Ma se ci penso bene, Moore esplicita cose
che già da tempo, forse da sempre,
covavo in me come sospetti, e che fa male
vedere documentate con tanta precisione
e puntiglio.
Michael Moore è un genio che ha saputo
dare nuova linfa al genere del documentario,
ha sdoganato il docu-film e ora giù
tutti a produrre e distribuire sconvolgenti
atti di denuncia e film verità su
qualsiasi argomento possibile!
Meglio così se questo potrà
portare ad un maggior scambio di informazioni
e di conseguenza alla diffusione di notizie
corrispondenti al vero.
Oggi purtroppo si moltiplicano le prove
che siamo vittime di un regime di mistificazione
e disinformazione, i mass media ci creano
su misura una realtà alternativa
che ci fa vivere come un gregge nell'ignoranza
ovattata dell'agiatezza.
La verità è che le cose non
vanno come ci raccontano gran parte di giornali
e telegiornali, la verità ce la racconta
Moore con le prove, scavando dietro la cataratta
dei mass media occidentali.
Il film racconta per due ore come siano
tutte favole, come Bush sia non solo un
presidente inetto ma anche colpevole di
una guerra creata contro un capro espiatorio
(l'Iraq) per coprire collusioni con la ricchissima
classe dirigente saudita (la famiglia Bin
Laden, questo cognome vi ricorda qualcuno?)
e come fonte di guadagno ulteriore grazie
ad appalti con ditte affiliate per la futura
ricostruzione del Paese aggredito.
Tutta la prima parte del film è incentrata
sui brogli che portarono all'elezione del
"presidente di guerra"
(idiota, perchè non ci vai tu in
prima linea!), sulle violazioni dei diritti
afroamericani, sull'occultamento delle scoperte
degli organismi di sicurezza nazionale relative
all'eventualità di futuri attacchi
da parte di Osama Bin Laden, sull'approvazione
di un Patriot Act dai contenuti demenziali,
ma soprattutto sul personaggio George W.
Bush, figlio di cotanto padre (ma anche
riguardo la professione della madre abbiamo
delle ituizioni, vero?).
Questo cowboy senza cervello incarna tutti
i più grandi difetti del suo bel
Paese (ignoranza, presunzione, falsità
e belligeranza) e ruba la scena a Moore
con la sua comicità involontaria
e le sue battute sempre fuori luogo e di
una stupidità agghiacciante (ricorda
un altro premier puù vicino a noi!).
Dopo essere così giunti inevitabilmente
all'attentato dell'11 settembre, il film
si interroga sul perchè siano stati
fatti evacuare dal Paese una serie di aerei
con a bordo membri della famiglia Bin Laden
nel blocco totale del traffico aereo statunitense.
Si giunge poi alla parte più cruda
del film, quella sulla guerra in Iraq, dove
Moore colpisce allo stomaco non nascondendo
niente e mostrando giustamente il lato peggiore
dell'uomo nelle circostanze belliche, con
immagini inedite che commuovono e indignano.
Ma le situazioni che più mi hanno
commosso sono due: la vicenda di Lila, madre
americana che perde il figlio soldato in
Iraq per l'abbattimento del suo elicottero
e cambia totalmente opinione sulla guerra,
l'esercito e il suo governo; la sequenza
in cui legge ad alta voce l'ultima lettera
inviatale dal figlio prima di morire è
straziante, e la sua voce rotta dal pianto
mi rimarrà impressa nella memoria
per sempre.
Così come avrò sempre dentro,
come immagine simbolo della guerra e dei
suoi orrori, la disperazione di una donna
irachena che urla il suo odio verso gli
invasori americani e chiede aiuto ad Allah
("Dio, salvaci da loro!") in mezzo
alle macerie causate dai primi bombardamenti.
Penso che questo sia un film totale, bellissimo
e indelebile, dovuto all'opera di un grande
che ha scritto, diretto e montato il tutto.
Moore supera il precedente "Bowling
for Columbine" perchè alza
il tiro e allarga la portata dei suoi strali,
passa dalla politica interna all'internazionale
puntando all'uomo forse più potente
del mondo perchè lo giudica il maggior
responsabile di questo periodo di instabilità
e violenze, ma mantiene grande coerenza
nel suo ragionamento (vedi l'importanza
della stategia della paura imperante nel
governo e nei mass media per mantenere l'ordine
costituito). Il film è ricchissimo
di stimoli e riflessioni e alla fine si
rimane con un senso di panico, come se tuo
papà ti stesse abbandonando per un
viaggio d'affari, vorresti continuare, vorresti
che ti guidasse ancora e oltre.
Il prodotto è stato distribuito in
tempi record e contiene un libretto con
interviste a Moore e approfondimenti nonchè
chiaramente il DVD che ci offre film, trailer,
spot tv, ma anche due conferenze stampa
in cui Moore parla a ruota libera e senza
condizionamenti come suo costume.
La sorte ha premiato il coraggio e la bravura
di Moore, il destino ha voluto una giuria
coraggiosa a Cannes e un presidente di giuria
come Quentin Tarantino, capace di premiare
con la palma d'oro un'opera così
fondamentale per tutti oggi!
Voglio chiudere con una nota polemica nei
confronti della Icon, casa di produzione
di Mel Gibson, che dopo appena due settimane
di lavorazione ha ritirato i fondi venendo
meno agli accordi contrattuali già
firmati.
Ci ha perso un sacco di bei dollaroni visti
gli incassi record del film poi acquisito
dalla coraggiosa Miramax, ma ci ha perso
anche in immagine (meglio produrre progetti
come "La
Passione"?).
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