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Balla coi Lupi


La Tecnica
Costner non è certo il miglior regista sulla piazza, né, credo, mai riuscirà ad emergere rispetto a suoi ben più dotati connazionali: eppure, per uno strano scherzo del destino, o, forse, per il “cuore” messo a disposizione di un impresa enorme, dispendiosa, coraggiosa come questa, è riuscito in quello che a ben pochi, prima di lui, era capitato; compiere, con l’opera prima, l’impresa di imporsi sulla scena internazionale, con successo unanime di critica e pubblico e raccogliere premi più o meno prestigiosi (in questo caso ricordiamo il trionfo agli Oscar, ben sette: Miglior film, regia, colonna sonora, sceneggiatura non originale, fotografia, montaggio, sonoro).
Esempi così folgoranti di opere prime si erano avuti con Welles (Quarto Potere), Spielberg (Duel) e Lucas (L’uomo che fuggì dal futuro) prima, e si avranno con Tarantino (Le iene) poi.
Certo occorre ammettere per onestà che il buon Costner non è certo della stessa categoria dei succitati registi (anche se, personalmente, ritengo solo Welles un maestro, tra questi), eppure credo abbia svolto il miglior lavoro possibile con questa pellicola, che, grazie anche all’ottima sceneggiatura di Michael Blake, assume le connotazioni di un vero e proprio “romanzo su pellicola”, un epopea che unisce sentimento, emozione, commedia e tragedia senza scadere nel retorico (o almeno senza mai superarne i livelli di guardia) e mantenendo un ottima coesione di ritmo ed eventi narrati.
Di grande impatto le scene della caccia al bisonte, sicuramente le più spettacolari di una pellicola al contrario delle aspettative incentrata sul “piccolo”, piuttosto che sul gigantismo spettacolare, che anche nelle battaglie (la sequenza d’apertura, lo scontro con i Pawnee e con le giacche blu, nel finale) non è mai invasiva o esasperata, ma giocata più sul ritmo (e qui tornano prepotentemente i riferimenti ad Arthur Penn) e sulle espressioni (strepitoso il passaggio del confronto fra l’ultimo soldato rimasto e Ride coi denti, vibrante di tensione drammatica, giocato tutto sui volti dei due nemici). Fedele la ricostruzione storica, ottimi i costumi e mai così azzeccato l’utilizzo della lingua Lakota sottotitolata, espediente ottimo sia per la trama (è il fulcro della crescita dei rapporti fra i Sioux e Dunbar e uno dei primi passi che muove la sua storia d’amore con Alzata con pugno) che per la resa tecnica (senza dimenticare il cast, composto quasi completamente da indiani “naturalizzati” americani che si sono tutti dichiarati più che felici di riscoprire origini ormai sepolte, col tempo).
Ottima la fotografia e straordinarie le location, in un Sud Dakota mai così simile a quello che l’immaginario collettivo pensa della grande epopea della “frontiera”.
In parte tutto il cast, con un Costner in gran forma (insieme a “Un mondo perfetto” credo sia la sua migliore interpretazione), una brava McDonnell (che ho rivalutato dopo la prima visione della pellicola) e davvero ottimi Greene e Grant, perfetti nei ruoli di Uccello Scalciante e Vento nei capelli. Una curiosità a proposito del cast: in una delle parti minori, il feroce guerriero Pawnee che assale la prima guida di Dunbar ed è fra i protagonisti della battaglia vinta dalla tribù di Balla coi lupi sarà di nuovo il “cattivo” soltanto due anni dopo, in un ruolo molto simile ritagliato per lui da Michael Mann nel suo “Ultimo dei Mohicani”.
Spendo le ultime parole per i trucchi – anch’essi fedeli alle pitture Lakota – di straordinaria bellezza e dimostrazione del gusto delle popolazioni indiane, e per il buon Costner, che, a dispetto dei suoi successivi, clamorosi flop, ha in questo caso confezionato una grande storia, e, sicuramente, un ottimo film.
Per quanto riguarda l’edizione, sono ottime la confezione e il formato video, discreto il sonoro (per la prima volta vedo un 5.1 rimasterizzato solo per l’audio italiano, peccato sia solo un 2.0 la versione originale) e azzeccata la scelta di riproporre il film in versione integrale (al cinema erano stati tagliati circa 40’).

  


Contenuti Extra
La pur ottima confezione di questa edizione italiana offre una sezione di extra comunque non straordinaria, fatto dovuto, almeno in parte, alla durata decisamente “ingombrante” della pellicola, che occupa la maggior parte dello spazio disponibile sui due dvd (una cosa simile si era già vista con il capolavoro di Sergio Leone “C’era una volta in America”).
La sezione, della durata complessiva di circa trenta minuti raccolti sul secondo disco, include il consueto trailer nella versione originale, la traccia audio che permette la visione del film commentata dal regista, un backstage “in presa diretta” con stralci di riprese concentrati principalmente sul lavoro di Costner, interviste (a dire la verità piuttosto brevi) dello stesso Costner, che affronta l’argomento regia (allora era un debuttante), del produttore Nilson (che illustra i problemi della produzione e delle riprese “di massa” e parla della parte di Costner/Dunbar), dello sceneggiatore Blake (felicissimo di vedere coronato il sogno di portare sul grande schermo il suo romanzo più importante) e degli attori Mary McDonnell (l’impatto con la cultura indiana, Costner regista), Graham Greene (la genesi del film, la lingua Lakota) e Rodney A. Grant (il ritorno alle origini di una cultura troppo in fretta accantonata dagli indiani “moderni”).
Chiudono la sezione due brevi documentari (“Balla coi lupi” e “Kevin Costner”), a dire la verità fin troppo simili tra loro, inseriti appositamente per l’edizione “nostrana” del dvd (credo sia la prima volta che mi capita un documentario da “contenuti speciali” con la voce narrante italiana) che toccano, attraverso le interviste e i backstage, i punti salienti della genesi e della produzione della pellicola: punti di massimo interesse le parentesi dedicate alla caccia ai bisonti (8 giorni di riprese, 3300 bisonti, un elicottero, 10 pick-up in movimento, 20 protagonisti a cavallo – con una rovinosa caduta di Costner – e innumerevoli comparse) e allo studio della lingua Lakota, fortemente voluta dal regista per fedeltà storica al periodo (l’attrice che interpreta la moglie del capo Dieci Orsi, studiosa e traduttrice, è stata con Greene la “responsabile” dell’organizzazione delle lezioni a tutto il cast nativo americano).

  


Commento Finale
Nel cinema, così come in ogni forma d’arte, esistono i capolavori, immutabili nel tempo e mai privi di nuovi significati, quando si riguardano. Opere così grandi da far “tremare i pilastri del cielo”, come direbbe Carpenter, o che, citando il Salieri di Forman, “sono la voce di Dio”.
I “numeri dieci”, per usare un termine calcistico.
E dietro di loro, sempre restando nel pallone, ci sono i “mediani”, quelli che lottano per consegnare la palla buona a chi finalizza l’azione, e che, anche se non baciati dal talento e dalla sorte, saranno comunque ricordati e, chissà, vinceranno, magari, “anche i mondiali”.
Balla coi lupi” appartiene, senz’altro, alla seconda categoria.
Parlando di western, non sarà mai alla stregua di “Ombre rosse”, “Gli spietati”, “Il mucchio selvaggio” o lo stesso “Piccolo grande uomo”, eppure, in un qualche modo, contribuisce, con il suo “fiato” e il suo “cuore”, a rendere ancora più grandi quelle già immense pellicole.
Emoziona, fa sorridere, denuncia, commuove e colpisce.
E arrivati alla fine, fa venir voglia di scoprire la libertà di un popolo che, forse, dalla nascita della “frontiera”, libero non è più stato. Cult.

Si sono presi i nostri cuori, sotto una coperta scura
Sotto una luna morta piccola, dormivamo senza paura
Fu un generale di vent’anni, occhi turchini e giacca uguale
Fu un generale di vent’anni, figlio d’un temporale
Ora i bambini dormono sul fondo del Sand Creek
” (F. DeAndrè)

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Gianmarco    
 
   
 
  Titolo:
Balla coi Lupi

Sottotitoli:
Italiano, Inglese non udenti.

Formato:
16/9, 2.35:1.

Regia:
Kevin Costner.

Lingue:
Italiano 5.1, Inglese 2.0.

Cast:
Kevin Costner, Mary McDonnell, Graham Greene, Rodney Grant.

Durata: 221''

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