La Trama
Hong Kong, 1966. Chow (T. Leung), fa ritorno
nella sua città dopo tre anni passati
a Singapore nel tentativo di ricostruirsi
una vita dimenticando il perduto amore Li
Zhen (M. Cheung), conosciuta proprio ad
Hong Kong nel 1962, al termine di una storia
fugace quanto profonda vissuta con una giocatrice
omonima dell’amata (Gong Li).
Messo inizialmente alle corde dal fermento
e dalla crisi crescente, Chow trova rifugio
in un piccolo albergo dove, dalla sua memoria,
scova gli elementi necessari alla stesura
di un romanzo che ne filtri l’esistenza
cercando di trovare una strada che porti
al futuro. Il titolo del libro è
identico al numero della camera ove nacque
il suo amore per Li Zhen, “2046”,
lo stesso della camera accanto alla “2047”
che lo scrittore sceglie come suo nuovo
nido, ascoltando la figlia maggiore del
proprietario dell’albergo (F. Wong)
esercitarsi in giapponese ricordando anch’ella
un amore perduto (T. Kimura) a causa dell’intromissione
paterna. Ritrovati i vecchi amici lasciati
alla sua partenza per Singapore, Chow si
barcamena fra la sua professione di giornalista
e il lavoro di scrittore, profondamente
cambiato dai tempi in cui divampò
la storia con Li Zhen e incapace di costruire
di nuovo un legame della stessa intensità
con un'altra donna. “Mai sovrapporre
una storia ad un'altra”, rivela Chow.
Il suo continuo tornare al passato, accanto
alla ricerca di un futuro fatto romanzo,
quel “2046” legato all’amore
ormai lontano, divengono filtro e causa
principale degli incontri e delle separazioni
che coinvolgono lo scrittore stesso, dalla
misteriosa giocatrice di Singapore alla
coraggiosa Lulù (C. Lau), sempre
alla ricerca di un nuovo amore, dall’accompagnatrice
Bai Ling (Z. Ziyi), passionale e fragile,
alla stessa figlia del proprietario dell’albergo.
Tutte le donne di Chow divengono diversivi
per dimenticare l’unica che avesse
catturato davvero il suo cuore, e personaggi
dei romanzi, che, con “2047”,
divengono due, sempre alla ricerca di un
futuro che riporti al passato.
Solo con il tempo, e la riflessione, Chow
sarà in grado di capire che il passato
non può ripetersi, o tornare, e che
a volte, il freddo e la solitudine di una
vigilia di Natale passata in un letto vuoto
non è indice di un amore che si spegne,
o di un destino segnato, se, al contrario,
si diviene parte integrante delle vite di
chi ci sta attorno. Forse la mano non è
fortunata, e la seconda Li Zhen lo sa bene,
guantata di nero, ma ugualmente una carta
può essere il biglietto per un treno
che vada al futuro, incerto che sia…
Commento
Esiste un luogo, lontano, colorato e mutevole,
nel futuro, ove i ricordi sopravvivono nel
presente, dando a chi vi si trova la possibilità
di tornare indietro, come per cancellare
gli errori, i tormenti, le angosce del passato.
Questo luogo è il 2046. E’
famoso, e molte persone ne sono in cerca,
ma di lui non si sa quasi nulla, perché
tutti quelli che partono per il 2046 non
fanno ritorno. E’ difficile poter
percorrere la strada a ritroso, una volta
giunti nel 2046, una sola persona su mille
riesce nell’impresa, mentre gli altri
rimangono a bordo del treno, perdendosi
nell’infinito susseguirsi di tentativi
come in un oblio cullato dalle androidi
a sentimento differito dalla vita effimera
che accolgono i passeggeri. Pochi giungono,
ancor meno ne fanno ritorno. Questo è
il 2046.
In realtà, il 2046 di Chow non esiste.
Nel 2046 sarà morto, e ben lontano
da quel treno che ivi dovrebbe condurlo,
o a bordo del quale ne fuggirebbe. Eppure
questa data così concreta e astratta,
simbolicamente (la stanza di Li Zhen) e
politicamente (l’anno in cui Hong
Kong tornerà a far parte, ufficialmente,
della Cina), rappresenta la cartina tornasole
della sua intera esistenza: una “Ricerca
del tempo perduto” di memoria
francese, persa nelle sensazioni e nei dettagli,
nel particolare che diviene universale,
nel microscopico mutato in macroscopico,
nelle vite che abbiamo attraversato con
la nostra, e nelle immagini delle stesse
vite che riportiamo nei ricordi, nei sogni,
nelle fantasie. Tutto quello che abbiamo
avuto, e quello che avremmo voluto avere.
Questo è il 2046.
Nella vita di Chow, come nella nostra, esiste
un grande amore, che, se incontrato troppo
presto, o troppo tardi, ha finito, o finirà,
per sfuggirci, segnando la nostra esistenza
e i suoi cambiamenti, portandoci a vivere
ogni cosa nel modo più lontano da
quello che avremmo pensato solo poco tempo
prima, e che solo la vita – e l’amore,
in particolare – sono in grado di
mutare così radicalmente. Il tranquillo,
timido e compassato vicino di “In
the mood for love” è divenuto
un giocatore d’azzardo, un seduttore,
un uomo impermeabile ai legami, che ferisce
per allontanare, fugge per evitare un nuovo
confronto, cerca il treno per il futuro
con la speranza, nel cuore, di scoprire
il segreto per rivivere il passato. Dalla
Li Zhen omonima della sua amata a donne
che ne ricordano solo una parte, o ne sono
l’opposto, consapevole di una fine
che ferirà sempre e più chi
ha avuto la sfortuna di incontrarlo troppo
tardi, o troppo presto. Così è
per la romantica Lulù, in cerca dell’amore,
destinata a subire e giungere sempre un
passo in ritardo, e la misteriosa Li Zhen,
come Chow colpita dal passato, nascosta
dietro un guanto e rifuggita con gli stessi
alibi, o le giovani Wen e Bai Ling, ancora
troppo deboli per sopportare il peso di
un uomo segnato come Chow. L’amore
è uno soltanto, e lascia spazio a
innumerevoli passioni e sofferenze. Un inseguimento
fatto di ritardi e fughe. Questo è
il 2046.
I giorni più freddi dell’anno
sono i compartimenti più gelidi del
treno verso il futuro, quei 24 e 25/12 legati
alla celebrazione del Natale, il momento
in cui nessun riscaldamento garantisce ai
viaggiatori copertura totale, costringendoli
così alla ricerca di un assistente
di viaggio che, con il corpo freddo d’androide,
scaldi la pelle dell’uomo affinché
sopravviva. Solo con la fine dei romanzi,
e del viaggio, e l’ultimo incontro
con Bai Ling, filtrato attraverso il ricordo
di Singapore, luogo scelto dalla stessa
giovane per costruirsi un nuovo futuro,
Chow pare prendere coscienza dell’ineluttabilità
dello scorrere del tempo, così come
dell’impossibilità di tornare
indietro. Una volta giunti nel futuro, l’unico
legame con il passato è dato dai
ricordi, dolci o crudeli che siano, come
segreti sussurrati ad un albero sigillato
dal fango, immagine che chiuse “In
the mood for love” aprendo la strada
alla nuova fase della vita di Chow. La vita
continua a viaggiare, e il futuro è
l’unica casa ove sopravvivono i ricordi.
Non torneranno, ma avremo la possibilità
di farli vivere dentro di noi, per sempre.
Non si torna indietro dai ricordi. Chissà
che il legame con la storia non sia ulteriore
segno di questa riflessione: quando Hong
Kong perderà la sua libertà
tornando alla Cina resteranno solo i ricordi,
per vivere i momenti passati, che lotta,
amori, ribellione e passioni hanno tanto
faticosamente costruito. Questo è
il 2046.
La vita continua a scorrere, mentre i segreti
riposano sotto la corteccia di alberi ben
silenziosi, o nel cuore di androidi a sentimenti
differiti che moriranno dopo un numero limitato
di viaggi fra presente e passato, proprio
come i ricordi, che piano piano affievoliscono,
prendendo più la forma di un racconto,
un opera, un romanzo che non è un
romanzo, ma la nostra vita come l’abbiamo
vissuta, come vorremmo tornare a viverla,
come l’avremmo voluta vedere. Il futuro
è anche questo, il passato che si
allontana, e si spegne, e i colori, la musica,
le passioni che l’hanno attraversato.
I ricordi sono sensazioni, impossibili da
trattenere e così facili da richiamare,
sotto qualsiasi forma si decida di viverli
una volta ancora.
E’ davvero possibile andare alla ricerca
del tempo perduto? Chow – e Wong Kar
Wai – non sono i primi a provarci,
e chissà dove, se e quando fermerà
il loro treno, ma forse non è il
punto d’arrivo, o di partenza, a interessarli,
ma come vi si è giunti, attraverso
quali lacrime e dormendo in quali letti,
accanto ad amori incontrati troppo presto,
o troppo tardi, per questo perduti, tutti,
eccetto uno. Questo è il 2046.
Continua
|
|
|