E’ oramai un fatto acclarato. Red Dead Redemption 2 ha segnato un vero e proprio spartiacque nel mondo videoludico. Un capolavoro assoluto che ha segnato nuovi dettami per questo medium tanto chiacchierato ultimamente.
Un gioco che certamente segna un’epoca e farà scuola per gli anni a venire. Da queste premesse partiamo ad analizzare l’ultima immane fatica di quei geni di Rockstar Games.
UN’EPOCA CHE NON C’E’ PIU’
Anche nella trama il gioco rappresenta una realtà di confine a tutti gli effetti. Un’esperienza immensa e totalizzante che farà tornare alla mente un’esperienza similare a quella di Breath of the Wild. Il gioco mostra la realtà di frontiera e dei criminali del Far West che alla fine dell’Ottocento sta praticamente giungendo al termine.
Il protagonista è Arthur Morgan appartenente alla banda di Dutch van der Linde, un pistolero gentiluomo che tenta di guidare i suoi uomini in questo buio periodo di transizione. La trama rappresenta quindi un prequel a quanto visto nel primo capitolo con protagonista John Marston.
Morgan è quindi uno degli ultimi baluardi di quei criminali che agli inizi di Novecento vennero sradicati anche dalla frontiera.
La trama è sempre coerente e i personaggi giocanti e non sono di una profondità da grande romanzo. Il tutto per più di sessanta ore di storia, con missioni secondarie sempre di un livello altissimo e che mai stridono con la trama principale.
Il tutto su una mappa praticamente infinita con una miriade di ambienti tutti differenti tra loro che richiedono spirito di adattamento non indifferente da parte del giocatore in più di una circostanza. Tutto è illuminato magistralmente, ricco di dettagli e animato alla perfezione da lasciarvi cadere la mascella più di una volta.
TUTTO E’ RESO ALLA PERFEZIONE
La componente grafica non è l’unica a sfiorare la perfezione. Molto evocativo anche il comparto sonoro con musiche da pelle d’oca in ogni occasione e un doppiaggio eccezionale da film di Hollywood.
Il gameplay è profondo e realistico in tutti i suoi aspetti quasi da meritarsi il fregio di simulatore di cowboy. Tutto deve essere gestito fin nei minimi dettagli durante le varie attività quotidiane di Arthur. Proprio per questo motivo il gioco potrebbe risultare a volte un po’ lento e ingessato anche se fa tutto parte dell’estremo realismo del gioco in questione.
Dovremo ad esempio strigliare il cavallo per incrementare la sua felicità, cacciare e cucinare per mantenere la stamina, coprirci nelle stagioni fredde per non ammalarci e così via. Questo processo influenzerà anche l’interazione con tutti i personaggi non giocanti.
Mano a mano che il vostro personaggio crescerà queste attività rimarranno sempre tali se vorrete sopravvivere al meglio nel selvaggio west, perfino mantenere le armi sempre pulite e lucidate. Le azioni sono tante e complesse quindi e perciò vi servirà un po’ di tempo per padroneggiare al meglio la ruota dell’inventario o gestire le bisacce sul cavallo e ciò che troverete sempre a disposizione nella vostra borsa.
Tutta questa perfezione senza ancora la componente dell’online che catapulterà il titolo in una dimensione degna di GTA V con una community vastissima e dalla longevità eterna con update che supporteranno il titolo per anni.
TUTTO CIO’ CHE UN VIDEOGIOCO DOVREBBE ESSERE
Il titolo Rockstar ha fatto passi da gigante rispetto al passato, grazie anche queste piccole introduzioni sulla formula originale come queste inserzioni survival che rendono l’esperienza molto variegata e armonica.
Un titolo gigantesco dalla longevità sconfinata che vi impegnerà per ore e ore.
Un gioco da vivere sul serio che vi rapirà minuto dopo minuto. Ogni videogiocatore dovrebbe averlo nella sua collezione e giocarci almeno una volta nella vita.
Review a cura di Luca Longobardi