La Tecnica
L’Odio offre anche dal punto di vista
tecnico numerosi spunti interessanti, per
la maggior parte dovuti al talento indubbio
del buon Kassovitz, bravo a gestire una
realtà senza mai essere invasivo
– in questo mi ha ricordato molto
lo Spike Lee di “Fa la cosa giusta”
e “Clockers” – e ad
arricchire la vicenda con spunti di regia
davvero niente male, anche se a tratti non
completamente privi di autocompiacimento
(le “presentazioni” dei protagonisti,
che ci “fanno leggere” i loro
nomi senza mai presentarsi “ufficialmente”,
lo zoom alla balconata durante la notte
di Parigi, le stelle cadenti e la Tour Eiffel
che si spegne al “tocco” di
Said).
La scansione del tempo, legata a un orologio
che quasi assume la valenza di un timer
per un conto alla rovescia, è perfettamente
funzionale rispetto una sceneggiatura che
presta molta attenzione ai dettagli (soprattutto
quando sono legati alle mode del periodo)
e ai dialoghi, che, come citato nel commento,
nascondono sempre background interessanti,
anche se “nascosti” abilmente
da barzellette o “leggende metropolitane”
che chiunque sia cresciuto in periferia
ben conosce e, probabilmente, con l’età
e l’ironia ha imparato ad apprezzare
molto più delle prime volte in cui
era capitato di sentirle.
Molto buona la direzione degli attori, che,
a parte il bravo Cassel, già citato,
trovano una dimensione congeniale al contesto
e ai loro personaggi (Taghmaoui è
ottimo nella scena del taglio dei capelli,
Koundè è addirittura il migliore
del terzetto), funzionale e d’impatto
la fotografia di Aim, altrettanto il montaggio
dello stesso regista, coadiuvato da Scott
Stevenson.
Un occhio di riguardo andrebbe posto, per
un titolo di questo genere, anche ai “costumi”
(Virginia Montel), alla scenografia (Giuseppe
Ponturo) e alla scelta dei brani della colonna
sonora, elementi fondamentali per quanto
riguarda la ricerca soprattutto sociologica
di una pellicola come questa che proprio
in quell’ambito trova una delle fonti
d’ispirazione primarie.
Buono il formato video del dvd, meno quello
audio, che, soprattutto in lingua italiana,
tende a far “slittare”
di qualche secondo il doppiaggio, creando
un irritante effetto le cui responsabilità,
comunque, vanno ricercate anche nei responsabili
dello stesso doppiaggio all’uscita
nelle sale della pellicola.
Certo è, come si analizzerà
nella sezione dedicata ai contenuti extra,
che a dispetto della buonissima qualità
del prodotto, l’edizione italiana
certo difetta, e sono ben felice di possedere,
al contrario, l’originale francese.
Vorrei spendere un ultimo appunto facendo
un plauso alla produzione (legata a Canal
+), che, allora, ha “rischiato”
sostenendo la realizzazione di un film “scomodo”
e, almeno sulla carta, anticommerciale,
a dimostrazione che in Francia la sensibilità
verso produzioni artistiche intelligenti
e ricche di spunti è decisamente
superiore a quella del nostro paese, così
come la volontà di “tentare”
puntando su prodotti di un certo livello:
così come “L’Odio”,
in questo modo, ha potuto affermarsi presso
i giovani – e non solo – di
tutta Europa – e non solo –
vincendo la palma d’oro a Cannes per
la miglior regia nel 1995 e il Cèsar
come miglior regia nel 1996, qui in Italia
continuiamo a produrre pellicole come “Senza
filtro”, “Fame chimica”
e un infinita quantità di fiction
e film tv che sarebbe troppo perfino definire
mediocri: e poi ci lamentiamo dell’atteggiamento
di superiorità dei francesi nei nostri
confronti? Riflettiamo…
Contenuti Extra
La Dolmen, pur coraggiosa casa di produzione,
spesso meritevole di portare sul mercato
italiano pellicole potenzialmente “a
rischio” a livello commerciale,
pecca purtroppo ancora una volta di una
sezione extra decisamente scarna, assolutamente
insufficiente rispetto l’edizione
originale: a completare il dvd, infatti,
troviamo solo le filmografie di Kassovitz
(sia come regista che come attore) e Cassel,
il trailer italiano e quello francese. Davvero
troppo poco per un film con un bacino d’utenza
piuttosto ampio, considerato il successo
riscosso soprattutto fra i giovani, e atteso
per anni in seguito a complesse questioni
legate ai diritti d’autore.
Sarebbe stato decisamente interessante e,
data l’attesa, quasi doveroso, perlomeno
replicare l’ottimo lavoro dei nostri
“cugini” d’oltralpe.
Commento Finale
Capita, a volte, che alcuni film –
per motivi che ora sarebbe fin troppo lungo
elencare – diventino punti di riferimento
di un intera generazione, presentando modelli,
problematiche e domande così legate
ai “loro anni” da risultare
quasi anacronistiche, “invecchiate”,
a una più approfondita lettura successiva:
non tutte queste pellicole, del resto, meritano
il successo e il clamore attribuitogli,
e spesso divengono solo spunti commerciali
per furbi distributori e opere bersagliate
impietosamente dal tempo (un esempio su
tutti, “Il corvo”).
Eppure, con questo lavoro, Kassovitz riesce
abilmente, pur non essendo esso esente da
difetti, a dimostrare quanto una pellicola
possa diventare “cult”
senza patire eccessivamente gli effetti
collaterali del caso, riprendendo temi complessi
e antichi (il titolo, in questo senso, la
dice lunga) per rielaborarli secondo schemi
e chiavi di lettura figlie di altre epoche
e generazioni.
Ai più “vecchi”,
forse, potrà non piacere, ma Hubert
– con i dovuti paragoni – ricorda
a Vinz: “Dio ti farà anche
cagare, ma è Lui a farti uscire la
cacca.”
Complimenti. Uno dei film più rappresentativi
dello scorso decennio.
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