La Tecnica In principio viene Tim Burton.
Una storia, dialoghi, qualche schizzo. Guidato dall'ispirazione, dopo aver buttato le idee su carta, Tim si reca dal fedele Danny Elfman, che, ispirato dai disegni e dalla storia, ricava le canzoni che saranno la "voce" dei personaggi nel corso del film (a proposito, doverosa citazione per Renato Zero: non sono un grande fan del "re dei sorcini", ma il lavoro di adattamento che ha realizzato per questo film è davvero una delle sue opere più felici).
Mentre il buon Danny ancora compone, Tim Burton incontra il regista Henry Selick e il suo staff per completare gli storyboard delle scene, indispensabili per ogni film d'animazione, in particolare per un lavoro come questo, completamente realizzato in stop motion. Parallelamente, i disegni dei personaggi passano in mano al team degli scultori, che ne realizza modellini legati all'importanza e alla "mobilità" dei singoli characters: per le "comparse" sono necessari circa tre pupazzi, per Jack sono state realizzate quattrocento teste differenti.
Terminati gli storyboard, in parallelo agli scultori si muovono il production designer e il team degli esterni, che realizza in modelli in scala 1:4 le scenografie, troppo imponenti per essere costruite "a grandezza naturale" in uno studio.
Non appena i pupazzi sono pronti, Henry Selick e gli animatori, "muovono" con i marionettisti ogni personaggio a seconda delle pose che andrà a completare nel corso della scena, fotografando a intervalli i movimenti ed escludendo, dallo sviluppo, l'immagine stessa dei marionettisti.
A questo punto vengono girate le scene, grazie a una speciale camera a carrello mobile dotata di un calcolatore che permette il conteggio dei frames e la possilità di montare in base ai calcoli stessi.
Ultimate le riprese, le immagini e i movimenti dei personaggi e il girato degli ambienti vengono passati agli animatori che, sotto la supervisione del regista, operano il "final cut" della scena, in accordo con musica, fotografia e movimenti, suggeriti e rivisti in precedenza dallo stesso autore/produttore Burton in base a quelle che erano le idee originali: se tutto è in ordine, la scena è finalmente pronta, dopo una settimana circa di lavoro di un team coordinato di decine di persone, ognuna specializzata in un particolare settore di lavorazione, non solo prettamente cinematografico. Tutto questo, una volta concluso, equivale, come si analizzerà anche negli extra, ad un minuto di pellicola. Tim Burton's Nightmare before Christmas dura quasi un'ora e un quarto. Fate qualche calcolo e pensate che tutto questo è "solo" un film d'animazione.
Contenuti Extra Se si escludono i consueti commenti audio, i trailer e i poster, devo ammettere di essermi trovato di fronte una sezione di extra davvero ben strutturata: oltre al confronto fra storyboard e sequenze della pellicola e alle scene eliminate commentate dal regista Selick, infatti, sono presenti un esaustivo documentario sull'enorme mole di lavoro svolta per completare la lavorazione della pellicola, durata ben tre anni, che analizza ogni aspetto della realizzazione, dai primi disegni, alle sculture, alle fotografie, fino al completamento del processo di stop-motion e animazione, un ottimo book del concept design di ogni personaggio e "mondo" e i primi due cortometraggi di Tim Burton, Vincent e Frankensweenie.
Per quanto riguarda il documentario, oltre ai dettagli forniti sulle tecniche di realizzazione di un film in stop-motion, è interessante notare alcune delle opinioni degli animatori (fondamentale, a mio parere, la frase "un animatore è in realtà un attore troppo timido e timoroso per mostrarsi alla telecamera, che rivive le emozioni della recitazione attraverso le immagini dei personaggi cui lui stesso dà vita") e, soprattutto, il rapporto fra il tempo di produzione e quello "di narrazione": per l'utilizzo di tecniche come questa, come già citato, a una settimana di lavoro dell'intera troupe corrisponde un minuto (!!!) di pellicola, che spesso può essere irrimediabilmente perduto se le luci, la fotografia o un particolare di scena non sono in perfetto ordine (non esiste la possibilità di rigirare una scena se non ricostruendo l'intera sequenza).
Vincent, il primo cortometraggio realizzato da Burton, risalente al periodo in cui il futuro regista lavorava come animatore alla Disney, è una fiaba gotica - e per nulla disneyana - dai risvolti espressionisti, soprattutto per quanto riguarda l'aspetto visivo, molto interessante per l'interpretazione psicologica delle proiezioni di un ragazzino introverso - probabilmente una sorta di "autoritratto" - e ricca di citazioni - Edgar Allan Poe su tutte-.
Frankensweenie, invece, di lunghezza maggiore (quasi mezz'ora contro i sette minuti scarsi di Vincent) assume già la connotazione di quelli che saranno i primi lungometraggi di Burton, soprattutto Edward mani di forbice, con chiari riferimenti al mito di Frankenstein (qui applicato a una dimensione più fanciullesca) non solo in chiave letteraria, ma anche cinematografica: probabilmente, oltre agli espressionisti, James Whale ha influenzato non poco il gusto gotico del giovane Tim. Curiose le apparizioni di Barrett Oliver (La storia infinita, D.A.R.Y.L.) e Shelley Duvall (Shining) nei ruoli di protagonisti.
Commento Finale Gli ultimi dieci anni hanno visto una nuova fioritura del cinema d'animazione che, per la prima volta dopo fin troppo tempo, pare respirare e cominciare a guadagnare il rispetto (e i premi) che merita, superando (finalmente) la chiara, lineare e buonista consuetudine Disney: dall'Orso d'oro dei capolavori di Miyazaki alla partecipazione ai festival di Venezia e Cannes di Otomo e Adamson, passando attraverso i diciassette oscar accumulati negli anni dalla straordinaria Pixar, il mondo dei "cartoni" si è sicuramente - e meglio di tanti altri generi - lanciato nel nuovo millennio.
Se tutto questo è ormai una realtà consolidata, e anche i critici cominciano a prendere sul serio un filone per troppo tempo snobbato, non è solo merito dei geniali "Chi ha incastrato Roger Rabbit?" e "Toy Story", pionieri del loro genere, ma anche a lavori come questo "Nightmare before Christmas", senz'altro meno famoso dei suoi "colleghi", ma altrettanto illustre.
Se abbiamo visto Burton fare - e non una sola volta - di meglio come autore, è pur vero che più di quanto hanno realizzato Selick e la sua troupe difficilmente si potrà fare, tecnicamente parlando, perlomeno in quest'ambito. Pionieristico.
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