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Dogville

 

La Tecnica
Un elemento fondamentale di ogni lavoro di Von Trier è senz’altro l’approccio minimalista per quanto riguarda ogni artificio “extra” allo strumento per eccellenza del cinematografo: la telecamera.
Come unico operatore, senza alcun titolo di testa, su un set creato all’interno di un capannone sperduto nelle gelide lande svedesi, con la troupe stipata in roulotte all’interno dello stesso capannone, una quasi totale assenza di scenografie, costituite soltanto dalle linee di confine delle case disegnate a terra e dai pochi mobili, pochissime, freddissime luci ed effetti visivi che ricalcano il passare delle stagioni, il danese pare tracciare, con questa pellicola, un passo fondamentale nella ricerca della scuola “Dogma”, da lui stesso fondata.
La teatralità del testo come dei movimenti degli attori è comunque completata da alcuni accorgimenti cinematografici (in particolare l’uso attento e sapiente del secondo piano, fondamentale per un set dove le case non hanno pareti e, di conseguenza, costringono gli attori in scena a recitare in ogni momento, anche lontani dalla camera) e di narrazione (la voce fuori campo, una sorta di “coscienza pura”, pare riportare lo spettatore a una dimensione filmica ogniqualvolta l’intera cittadina pare sprofondare in un eccessiva atmosfera di “realtà”), supportati da una direzione senz’altro rigorosa – pare che soprattutto Paul Bettany abbia risentito delle pressioni del regista – e da un cast d’eccezione, composto da nuove promesse (il succitato Bettany), riconferme (sempre grande la Kidman, per quanto non riesca ancora a starmi simpatica) e “mostri sacri” (la Bacall, Baker Hall e Gazzara).
Per quanto mi riesca difficile trovare difetti particolari in un prodotto che fonde nel migliore dei modi mainstream e sperimentazione, attraverso una storia leggibile a più livelli e mai così universale e matura, guardando alle passate fatiche del regista, posso pensare che non sia un film “per tutti”, soprattutto riguardo agli spettatori abituati a ritmi veloci e serrati o non particolarmente legati alla tradizione teatrale, ai dialoghi densi e “cervellotici” (lo scrivo ma non lo penso) e, non me ne vogliano, agli spettatori di sesso maschile particolarmente affezionati al loro ego di “uomini”.


Contenuti Extra
Il secondo dvd presente nell’elegante confezione è dedicato solo ed esclusivamente ai contenuti speciali: “Dogville confessions”, il primo documentario presente nel dvd, racconta i giorni delle riprese nel capannone scelto dal regista in Svezia, mostrando conflitti e momenti di svago del cast e curiosità e maniacalità di un regista che, è certo, fa discutere anche per il rapporto con i suoi attori (curiosa la scelta di porre, all’interno del set, una sorta di “grandefratelliano” confessionale dove ogni elemento del cast o della troupe poteva entrare e parlare liberamente di cosa girasse, oppure no, nel corso della lavorazione); si prosegue con il secondo documentario “Visita alla Zentropa”, dove veniamo guidati all’interno degli studios danesi, una sorta di piccola Hollywood dell’Europa del Nord, che, come una città, si anima nel corso delle varie sezioni di pre-produzione, produzione e post-produzione delle pellicole: interessanti, in questo documentario, soprattutto gli aspetti “ricreativi” degli studios, unici svaghi delle troupe e dei tecnici chiusi nei capannoni per settimane durante le lavorazioni alle pellicole; si passa poi a una conferenza stampa dove il regista danese incontra e risponde alle domande della stampa specializzata italiana, parlando, tra le altre cose, di questa sua ultima opera, di teatro, cinema, interpretazione e povertà, scenica e spirituale; seguono i trailer italiani e originali, un intervista a Lars Von Trier che rivela curiosità e aneddoti sulla pellicola e sul suo approccio al cinema (interessante il suo punto di vista e confronto con gli U.S.A.) e chiude la ricca sezione lo “Speciale Dogville”, dove veniamo a conoscenza, sempre tramite il regista, di curiosità come la scelta della musica per il film, il rapporto stretto che lega Dogville al teatro e ai libri per bambini (così come alla letteratura), l’omaggio a Barry Lyndon e la curiosa ispirazione che ha portato alla “nascita” di Elm Street: il videogioco, adorato da Von Trier, Silent Hill.


Commento Finale
Mi pare, ripensando alle parole spese per questo film, di aver detto troppo o di non aver detto nulla.
Se ci penso, quella che potrebbe essere la sensazione dello spettatore al termine della pellicola. Si potranno scoprire molte, moltissime ragioni per criticarlo, ma sinceramente, anche se mi sforzo, ne trovo proprio poche per non vederlo.
Se fate fatica, o vi spaventa, pensate alle vecchie frasi delle nonne quando da piccoli si era a letto malati, e si scopriva, magari, che anche la peggiore delle medicine era “per il nostro bene”: se non sarà ora, o dopo la visione, prima o poi, guardandovi attorno, capirete che la febbre è passata.
Grande Von Trier.
Se non avevo ancora riconosciuto la palma d’oro vinta per Dancer in the dark, ora la medicina è arrivata dritta al cuore, colpendo forte.
Questa volta, caro Lars, ti premio senza riserve. Un quasi capolavoro.

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Gianmarco    
 
   
 
  Titolo:
Dogville

Sottotitoli:
Italiano per non udenti, Inglese.

Formato:
Anamorfico 2.35:1.

Regia:
Lars Von Trier.

Lingue:
Italiano 5.1, Inglese 5.1.

Cast:
Harriet Andersson, Laurien Bacall, Paul Bettany, Blair Brown, James Caan, Patricia Clarkson, Jeremy Davies, Ben Gazzara, Philip Baker Hall, John Hurt, Nicole Kidman, Stellan Skarsgaard.

Durata: 173''

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