La Tecnica
Olivier Marchal, al suo secondo lungometraggio,
ha decisamente fatto centro riportando un
cinema da tempo saldamente in mano, in quanto
a primato, ai colleghi d’oltreoceano,
in Europa, surclassando i concorrenti attualmente
in circolazione nel Vecchio Continente:
pur se attraverso una regia quasi sempre
convenzionale e senza particolari picchi
tecnici, l’ex poliziotto narra con
decisione e un ritmo decisamente ottimo
una storia a tinte fosche, un noir d’azione
che riporta ai grigi cieli parigini il dualismo
quasi “metafisico”
di Michael Mann e del suo “The
Heat – La sfida”, tenendo
bene a mente anche le lezioni di Friedkin
(“Il braccio violento della legge”,
“Vivere e morire a Los Angeles”)
e Frankenheimer (“Ronin”), mostrando
una buona capacità di narrazione
supportata da ottime – e mai troppo
lunghe, questo certo un bene – scene
d’azione.
A supportare l’operato del regista,
una buona fotografia quasi sempre velata
di colori freddi (più volte pare
evidente l’utilizzo di filtri dalle
tonalità grigio/azzurre), un montaggio
accademico ma funzionale e un apparato tecnico
assolutamente impeccabile dal punto di vista
del realismo: armi, equipaggiamenti ed azioni
paiono effettivamente quasi estranee alla
spettacolarità che normalmente il
cinema impone. Un plauso dunque a questo
approccio più “verista”
che “hollywoodiano”,
anche perché, quando una squadra
di rapinatori assalta un furgone portavalori
in movimento, l’essenziale, con l’efficienza,
è dato dalla velocità. In
questo senso, l’assalto iniziale è
un esempio perfetto, che supera anche la
sequenza molto simile presentata da Mann
nel già citato “The Heat”.
Ottimo il cast, dove spiccano imperiosi
i due giganti Auteuil e Depardieu, entrambi
bravissimi nel dare volto e cuore a due
personaggi ben delineati e certo non facili.
Buono anche l’apporto del resto del
cast, che, purtroppo, scende però
automaticamente in secondo piano di fronte
ai due fuoriclasse protagonisti. Funzionale
la sceneggiatura, serrata e ben scritta,
pur con qualche concessione di troppo, frutto,
probabilmente, di pesanti tagli imposti
dalla produzione sulla durata di una pellicola
che, a mio parere, nella mente del regista
avrebbe certo girato attorno alle due ore
e mezza piene. La colonna sonora, pur ben
adattata ad alcune delle sequenze d’azione,
risulta leggermente enfatica se rapportata
ai momenti più “intimisti”
e drammatici della pellicola, quasi volesse
necessariamente colpire il pubblico.
Come di consueto, segnalo i tre momenti
“clou” del film, legati più
alle scene d’azione che di dialogo,
non tanto per la maggiore abilità
del regista nelle prime, quanto perché
le fasi “introspettive” paiono
più legate a momenti, che non a intere
sequenze: la prima segnalazione è
legata all’apertura della pellicola,
quando, con un ottimo montaggio alternato,
vengono mostrati il pestaggio della prostituta
confidente di Vrinks e la festa per il congedo
di Eddy Valence, una tecnica che il regista
adotterà più volte nel corso
della storia, spesso inducendo lo spettatore
a credere visivamente a una supposta risoluzione
di scena quando, al contrario, si prepara
per essa un colpo a sorpresa. La seconda
scena che vado a citare è senz’altro
l’assalto al furgone portavalori:
rapido, d’effetto e assolutamente
efficace per ritmo, inquadrature ed effetti.
Peccato soltanto per un paio di campi lunghi
che valorizzano solo in parte l’utilizzo
dell’esplosivo. Una sequenza d’azione,
in ogni caso, come, almeno qui in Europa,
non se ne vedevano da molto tempo, e certamente
superiore anche alla più spettacolare
e successiva sparatoria appena fuori dal
nascondiglio della banda di rapinatori.
L’ultima citazione va al dialogo conclusivo,
come già citato di fronte a uno specchio,
fra Vrinks e Klein, non solo i due protagonisti
della vicenda, ma, a tutti gli effetti,
due modi di vivere, agire e interpretare
un ruolo di poliziotti che, ad entrambi,
pare essere troppo stretto. Inoltre, certo
un ottima occasione per osservare il confronto
fra due delle star più grandi del
cinema francese attuale.
Chiudo con un plauso all’edizione
italiana, presentata a un prezzo contenuto
rispetto alle consuete uscite a doppio disco
e supportata da un ottima resa audio e video.
Contenuti Extra
La Medusa, distributrice italiana del lavoro
di Marchal, presenta un edizione sicuramente
buona di questa pellicola, grazie a un doppio
dvd che, se vede come extra soltanto le
schede di cast artistico e tecnico con i
doppiatori in aggiunta al trailer nel primo
disco, tiene per il secondo ben cinque brevi
documentari sulla realizzazione della pellicola,
dal “Making of”, analisi del
lavoro sul set dal primo giorno di riprese,
ottimo per scoprire quanto ci sia dietro
alla realizzazione di ogni singola scena,
al “Dietro le quinte”, naturale
prosecuzione, almeno nello stile, del succitato
“Making of”,
dove spicca l’analisi della scena
del funerale di Eddy, ove non mancano siparietti
curiosi quali le risate di Auteuil e Depardieu
di fronte alla finta bara e lo stesso Duval,
il “morto”,
a seguire le riprese dietro le quinte.
Segue “La scelta delle armi”,
documentario legato alla consulenza che
Marchal e il suo staff hanno avuto per la
selezione delle armi in dotazione non solo
ai poliziotti e ai protagonisti della pellicola,
ma anche, e soprattutto, ai criminali, che,
a partire dal mitragliatore di sfondamento
montato sul furgone, portano un bagaglio
di armamenti certo più inconsueti
di quelli delle forze dell’ordine.
Come fu per “Collateral”
di Michael Mann, anche in questo caso si
nota quanto il regista tenga alla dimensione
reale del film, e alla resa di ogni scena
d’azione, materiale e “strumenti”
compresi. Una curiosità, in questo
senso: nonostante Marchal sia un ex-agente,
devo ammettere che l’addestramento
seguito da Cruise per la pellicola di Mann
lo ha reso certo molto più credibile
nell’utilizzo delle armi da fuoco
dei suoi due colleghi francesi, che, nonostante
la bravura, paiono non avere troppa dimestichezza
con una pistola in pugno. Sarebbe occorso,
forse, un maggiore addestramento in proposito.
“Gli abiti, il look” analizza
invece la scelta dei costumi, anche se la
cosa più interessante di questa sezione
è data più dai siparietti
tra il regista e i suoi collaboratori, utili
per notare una simpatia non certo spiccata
dello stesso Marchal, cui fanno buona compagnia
molti dei membri del suo staff.
A chiudere il disco dedicato agli extra,
due lunghe interviste ad Auteuil e a Valeria
Golino registrate in occasione del lancio
italiano, lo scorso autunno, della pellicola,
legate al ruolo dell’attore, al suo
percorso e agli stimoli derivati da ruoli
“inconsueti” (da non perdere
la pretenziosa dichiarazione della “nostra”
Golino: “A volte recito meglio, altre
peggio, ma di base so bene di essere brava”.
Complimenti alla sincerità. E alla
modestia.) e un documentario, “Chi
vuole la pelle di Marchal?”, registrato
nel corso delle riprese, che segue da vicino
il ruolo del regista nell’intera realizzazione
della pellicola ed è utile per notare
quanto, in un film, ci sia del film maker
e quanto la stessa pellicola dia e tolga
al cineasta che la dirige. Una sorta di
“distorsione temporale” per
cui anni di lavoro si condensano, per il
pubblico, in due ore scarse di spettacolo.
Commento Finale
Il silenzio, dopo anni, è rotto.
Pare che finalmente, in Europa (anche se,
purtroppo, non in Italia), alcuni registi
– e sicuramente fra loro è
presente Marchal – si siano decisi
a intraprendere viaggi in territori per
troppo tempo lasciati nelle pur abilissime
mani dei Mann d’oltreoceano, padroni
– pur se a ragione – di un mercato,
quello dei film cosiddetti “d’azione”,
snobbato per pedanteria da noi “continentali”.
Proprio dalla Francia, cinematograficamente
il paese più snob d’Europa,
paradossalmente, è giunto questo
scossone, accompagnato da un discreto moto
di meraviglia: non esistono solo sottoprodotti
di questo genere, e finalmente, dopo il
meraviglioso “Collateral”,
qualcuno pare essersene accorto. Che in
Marchal sia forte l’impronta di una
filosofia certo non “pacifica”
e che il suo forte non sia la simpatia,
non importa. Il suo mestiere è di
fare il regista, e, se le premesse sono
queste, le speranze che possa crescere sono
molte.
Per lui, e per il pubblico, spero che i
“36”, un giorno,
possano diventare “collaterali”.
Allora sì, saremmo di fronte a un
duello in piena regola.
Come Mann e Marchal hanno finora mostrato
nelle loro pellicole. Speriamo di non perdercelo.
Indietro
|
|
|