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36 Quai Des Orfevres


  

La Tecnica
Olivier Marchal, al suo secondo lungometraggio, ha decisamente fatto centro riportando un cinema da tempo saldamente in mano, in quanto a primato, ai colleghi d’oltreoceano, in Europa, surclassando i concorrenti attualmente in circolazione nel Vecchio Continente: pur se attraverso una regia quasi sempre convenzionale e senza particolari picchi tecnici, l’ex poliziotto narra con decisione e un ritmo decisamente ottimo una storia a tinte fosche, un noir d’azione che riporta ai grigi cieli parigini il dualismo quasi “metafisico” di Michael Mann e del suo “The Heat – La sfida”, tenendo bene a mente anche le lezioni di Friedkin (“Il braccio violento della legge”, “Vivere e morire a Los Angeles”) e Frankenheimer (“Ronin”), mostrando una buona capacità di narrazione supportata da ottime – e mai troppo lunghe, questo certo un bene – scene d’azione.
A supportare l’operato del regista, una buona fotografia quasi sempre velata di colori freddi (più volte pare evidente l’utilizzo di filtri dalle tonalità grigio/azzurre), un montaggio accademico ma funzionale e un apparato tecnico assolutamente impeccabile dal punto di vista del realismo: armi, equipaggiamenti ed azioni paiono effettivamente quasi estranee alla spettacolarità che normalmente il cinema impone. Un plauso dunque a questo approccio più “verista” che “hollywoodiano”, anche perché, quando una squadra di rapinatori assalta un furgone portavalori in movimento, l’essenziale, con l’efficienza, è dato dalla velocità. In questo senso, l’assalto iniziale è un esempio perfetto, che supera anche la sequenza molto simile presentata da Mann nel già citato “The Heat”. Ottimo il cast, dove spiccano imperiosi i due giganti Auteuil e Depardieu, entrambi bravissimi nel dare volto e cuore a due personaggi ben delineati e certo non facili. Buono anche l’apporto del resto del cast, che, purtroppo, scende però automaticamente in secondo piano di fronte ai due fuoriclasse protagonisti. Funzionale la sceneggiatura, serrata e ben scritta, pur con qualche concessione di troppo, frutto, probabilmente, di pesanti tagli imposti dalla produzione sulla durata di una pellicola che, a mio parere, nella mente del regista avrebbe certo girato attorno alle due ore e mezza piene. La colonna sonora, pur ben adattata ad alcune delle sequenze d’azione, risulta leggermente enfatica se rapportata ai momenti più “intimisti” e drammatici della pellicola, quasi volesse necessariamente colpire il pubblico.
Come di consueto, segnalo i tre momenti “clou” del film, legati più alle scene d’azione che di dialogo, non tanto per la maggiore abilità del regista nelle prime, quanto perché le fasi “introspettive” paiono più legate a momenti, che non a intere sequenze: la prima segnalazione è legata all’apertura della pellicola, quando, con un ottimo montaggio alternato, vengono mostrati il pestaggio della prostituta confidente di Vrinks e la festa per il congedo di Eddy Valence, una tecnica che il regista adotterà più volte nel corso della storia, spesso inducendo lo spettatore a credere visivamente a una supposta risoluzione di scena quando, al contrario, si prepara per essa un colpo a sorpresa. La seconda scena che vado a citare è senz’altro l’assalto al furgone portavalori: rapido, d’effetto e assolutamente efficace per ritmo, inquadrature ed effetti. Peccato soltanto per un paio di campi lunghi che valorizzano solo in parte l’utilizzo dell’esplosivo. Una sequenza d’azione, in ogni caso, come, almeno qui in Europa, non se ne vedevano da molto tempo, e certamente superiore anche alla più spettacolare e successiva sparatoria appena fuori dal nascondiglio della banda di rapinatori.
L’ultima citazione va al dialogo conclusivo, come già citato di fronte a uno specchio, fra Vrinks e Klein, non solo i due protagonisti della vicenda, ma, a tutti gli effetti, due modi di vivere, agire e interpretare un ruolo di poliziotti che, ad entrambi, pare essere troppo stretto. Inoltre, certo un ottima occasione per osservare il confronto fra due delle star più grandi del cinema francese attuale.
Chiudo con un plauso all’edizione italiana, presentata a un prezzo contenuto rispetto alle consuete uscite a doppio disco e supportata da un ottima resa audio e video.

  

Contenuti Extra
La Medusa, distributrice italiana del lavoro di Marchal, presenta un edizione sicuramente buona di questa pellicola, grazie a un doppio dvd che, se vede come extra soltanto le schede di cast artistico e tecnico con i doppiatori in aggiunta al trailer nel primo disco, tiene per il secondo ben cinque brevi documentari sulla realizzazione della pellicola, dal “Making of”, analisi del lavoro sul set dal primo giorno di riprese, ottimo per scoprire quanto ci sia dietro alla realizzazione di ogni singola scena, al “Dietro le quinte”, naturale prosecuzione, almeno nello stile, del succitato “Making of”, dove spicca l’analisi della scena del funerale di Eddy, ove non mancano siparietti curiosi quali le risate di Auteuil e Depardieu di fronte alla finta bara e lo stesso Duval, il “morto”, a seguire le riprese dietro le quinte.
Segue “La scelta delle armi”, documentario legato alla consulenza che Marchal e il suo staff hanno avuto per la selezione delle armi in dotazione non solo ai poliziotti e ai protagonisti della pellicola, ma anche, e soprattutto, ai criminali, che, a partire dal mitragliatore di sfondamento montato sul furgone, portano un bagaglio di armamenti certo più inconsueti di quelli delle forze dell’ordine. Come fu per “Collateral” di Michael Mann, anche in questo caso si nota quanto il regista tenga alla dimensione reale del film, e alla resa di ogni scena d’azione, materiale e “strumenti” compresi. Una curiosità, in questo senso: nonostante Marchal sia un ex-agente, devo ammettere che l’addestramento seguito da Cruise per la pellicola di Mann lo ha reso certo molto più credibile nell’utilizzo delle armi da fuoco dei suoi due colleghi francesi, che, nonostante la bravura, paiono non avere troppa dimestichezza con una pistola in pugno. Sarebbe occorso, forse, un maggiore addestramento in proposito.
“Gli abiti, il look” analizza invece la scelta dei costumi, anche se la cosa più interessante di questa sezione è data più dai siparietti tra il regista e i suoi collaboratori, utili per notare una simpatia non certo spiccata dello stesso Marchal, cui fanno buona compagnia molti dei membri del suo staff.
A chiudere il disco dedicato agli extra, due lunghe interviste ad Auteuil e a Valeria Golino registrate in occasione del lancio italiano, lo scorso autunno, della pellicola, legate al ruolo dell’attore, al suo percorso e agli stimoli derivati da ruoli “inconsueti” (da non perdere la pretenziosa dichiarazione della “nostra” Golino: “A volte recito meglio, altre peggio, ma di base so bene di essere brava”. Complimenti alla sincerità. E alla modestia.) e un documentario, “Chi vuole la pelle di Marchal?”, registrato nel corso delle riprese, che segue da vicino il ruolo del regista nell’intera realizzazione della pellicola ed è utile per notare quanto, in un film, ci sia del film maker e quanto la stessa pellicola dia e tolga al cineasta che la dirige. Una sorta di “distorsione temporale” per cui anni di lavoro si condensano, per il pubblico, in due ore scarse di spettacolo.

 

Commento Finale
Il silenzio, dopo anni, è rotto. Pare che finalmente, in Europa (anche se, purtroppo, non in Italia), alcuni registi – e sicuramente fra loro è presente Marchal – si siano decisi a intraprendere viaggi in territori per troppo tempo lasciati nelle pur abilissime mani dei Mann d’oltreoceano, padroni – pur se a ragione – di un mercato, quello dei film cosiddetti “d’azione”, snobbato per pedanteria da noi “continentali”. Proprio dalla Francia, cinematograficamente il paese più snob d’Europa, paradossalmente, è giunto questo scossone, accompagnato da un discreto moto di meraviglia: non esistono solo sottoprodotti di questo genere, e finalmente, dopo il meraviglioso “Collateral”, qualcuno pare essersene accorto. Che in Marchal sia forte l’impronta di una filosofia certo non “pacifica” e che il suo forte non sia la simpatia, non importa. Il suo mestiere è di fare il regista, e, se le premesse sono queste, le speranze che possa crescere sono molte.
Per lui, e per il pubblico, spero che i “36”, un giorno, possano diventare “collaterali”. Allora sì, saremmo di fronte a un duello in piena regola.
Come Mann e Marchal hanno finora mostrato nelle loro pellicole. Speriamo di non perdercelo.

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Gianmarco    
 
   
 
  Titolo:
36 Quai Des Orfevres

Sottotitoli:
Italiano per non udenti.

Formato:
16x9, 2.35:1.

Regia:
Olivier Marchal.

Lingue:
Italiano e Francese Dolby Digital 5.1.

Cast:
Daniel Auteuil, Gerard Depardieu, Andrè Dussolier, Roschdy Zem, Valeria Golino, Francis Renaud, Daniel Duval, Catherine Marchal.

Durata: 110'

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