In un futuro non troppo lontano si è
dato il via alla sperimentazione definitiva
delle nanomacchine (minuscoli robottini
grandi quanto una molecola organica) provandone
l’integrazione con l’organismo
umano. Il test viene arginato ad un isola
abitata da un numero limitato di persone.
Grazie all’ausilio di un sistema informatico
piuttosto evoluto, il governo era in grado
di monitorare tutte le componenti sintetiche
installate negli esseri viventi… ma
qualcosa nel “supercomputer”
smette di funzionare e il risultato è
una degenerazione delle nanomacchine installate
negli umani presenti sull’isola…
gli esiti sono a dir poco devastanti…
gli organismi sintetici iniziano una fusione
con il ferro presente nel sangue umano,
moltiplicandosi a dismisura e mutando in
maniera irreversibile la struttura fisico/molecolare
degli ospiti viventi rendendoli orribili
mostri biomeccanici ormai fuori controllo
ed in preda alla più letale ferocia.
L’unico modo per fermare la furia
omicida che sta devastando l’isola
è l’arresto delle funzioni
“vitali” del computer…
purtroppo però l’ingegnere
incaricato scompare proprio sull’isola
e qualcuno deve fare il possibile per portarlo
il salvo e con il suo aiuto disattivare
per sempre la devastante intelligenza artificiale…
indovinate un po’, quale sarà
il vostro ruolo in questo quadro fanta/apocalittico?
Bravi!!! Però che intuito…
spetta proprio a voi l’ardito compito
di salvare il tecnico…
Queste sono le premesse di una trama si
lineare ma particolarmente affascinante,
debitrice non poco della sci-fi nipponica
degli anni 70/80 (Kyashan e Guyver su tutti)
e del delirio biomeccanico inaugurato da
Alien e Terminator nella cinematografia
occidentale.
Nulla della storia narrata ha qualcosa di
originale, ma tirando le somme risulta davvero
coinvolgente e ben strutturata.
Jake, le nanomacchine e il plasmablade…(na’
spada de sangue???)
Il versante tecnico eredita quasi per intero
l’engine a suo tempo utilizzato per
Castelvania Lament Of Innocence che consente
una fluidità costante nelle animazioni
del protagonista e un discreto numero di
poligoni su schermo. I fondali, al contrario
della saga vampiresca a 128bit, presentano
un buon numero di dettagli con texture ben
definite e un design strutturale davvero
niente male che fa la sua scena presentandoci
paesaggi più o meno devastati con
un gusto non molto distante da quanto visto
in 1997 fuga da New York o nel gioco Terminator
“Redemption” di Atari.
L’unico appunto da fare e un fogging
parecchio marcato in alcune locazioni che
limita il nostro campo visivo e a mio avviso
risulta inspiegabile… la resa non
è dissimile da quanto visto in Chaos
Legion, insopportabile e soprattutto non
imputabile alle limitazioni hardware di
PS2, la stessa macchina ci ha regalato titoli
del calibro di Devil May Cry 3 (per non
evadere dal genere a cui Nanobreaker appartiene)…
Notevole è invece il character design
del vostro alter ego, un cyborg armato di
una spada particolarmente duttile in grado
di cambiare forma in base alle combo ed
hai potenziamenti raccolti.
Il nostro Jake (questo è il nome
dell’eroe digitale che comanderemo)
è davvero ben fatto, lo studio dietro
al suo design (e avversari) non nasconde
un’ispirazione al remake del mitico
Kyashan ad opera del duo Yasuomi Umezu e
Kimitoshi Yamane, strizzando l’occhio
anche al deliziosamente caotico Masamune
Shiro (appleseed, ghost in the shell vi
dicono qualcosa?), insomma nomi altisonanti
per l’ispirazione iniziale che hanno
portato i grafici ad un risultato tutt’altro
che disprezzabile.
Ottima la possibilità di selezione
tra i 50/60hrz… dimenticavo le scene
di intermezzo e l’introduzione sono
davvero splendide sia per la regia sia per
la qualità del design, non raggiungono
ancora quanto visto in Onimusha 3 (forse
ninja gaiden…almeno per ora non ho
visto nulla di simile all’intro del
3° cap della saga di Nobunaga Oda) ma
si fanno apprezzare.
Altro aspetto pregevole sono le musiche,
assolutamente perfette per delineare l’atmosfera
che pervade il titolo.
Giustamente malinconiche danno un confacente
senso di inquietudine accompagnandoci adeguatamente
nel degrado tecno/urbano che lentamente
ci accoglie. Il compositore si permette
anche alcune dissonanze creando partiture
di pianoforte che poco si amalgamano con
quanto vediamo ma che inspiegabilmente riescono
ad ammaliare scorrendo sui medesimi binari
deliranti del gioco.
Avrete intuito che il gioco non è
altro che un action di forte derivazione
capcomiana. Le somiglianze con DMC si limitano
pero solo alla struttura di base fatta di
aree da ripulire dai mostri a suon di mazzate
e di semplici ed intuitivi enigmi con una
componente platform lieve ma presente.
Come vi avevo accennato poche righe fa l’arma
in nostro possesso è una sorta di
spada dalla forma in continuo mutamento,
merito del sistema di combo “espandibile”.
Nel corso dell’avventura troveremo
alcuni “chip” che verranno
inseriti in una griglia ad albero su cui
sono illustrate le combo che potremo effettuare,
queste trasformeranno la plasmablade (il
nome della spada deriva dalla peculiarità
della stessa di assorbire il “plasma”
che sgorga copioso dai corpi mutilati degli
avversari, elemento principale che vi permette
di recuperare energia dopo un adeguata quantità
di galloni raccolta…) in svariate
altre armi dal potere devastante (asce,
martelli, falci e quant’altro dispendi
dolore tra le fila nemiche).
L’esecuzione delle combinazioni di
tasti a volte risultano un po’ caotiche,
specialmente durante i combattimenti contro
le orde di invasati biomeccanici, l’assenza
di un sistema di puntamento e la difficoltà
generale degli scontri rende alcune locazioni
particolarmente frustranti, complice un
sistema di salvataggio che almeno all’inizio
è destabilizzante...
Che altro dire, background interessante,
design azzeccato e musiche evocative sono
un buon incentivo alla prova, peccato per
alcune incertezze del motore grafico e del
sistema di controllo che purtroppo tolgono
spessore ad un titolo che poteva essere
davvero una seria alternativa a DMC, ancora
imbattuto nel panorama degli action game
per il monolite.
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