Mojo… che il nome
voglia dire qualcosa?
Per l’ennesima volta mi trovo a fare
una recensione quantomeno singolare, esigenza
dettata in questo caso dalla singolarità
del gioco o meglio ancora dalla singolarità
del genere.
Esiste qualcuno sulla terra che non conosce
i puzzle game?
Non credo esista, non foss’altro che
questo tipo di gioco trova terreno fertile
nei cari vecchi bar, ancora regno di giochi
che non impegnano tanto e che servono più
che altro a distrarre durante l’attesa
di prendere il treno. Dunque, da tetris
in poi i puzzle game hanno vissuto una popolarità
solo in parte meritata, dettata più
che da effettiva bellezza dalla gran concretezza,
dalla capacità di raggiungere il
loro scopo che era poi distrarre, fornire
ore di puro passatempo senza mondi da salvare
o malvagi da sconfiggere.
Dai locali dei bar alla console il passo
è stato breve, anche perché
ricordiamo che questi giochi hanno contribuito
a dare un’immagine familiare ai videogiochi
tanto spesso accusati d’essere portatori
sani di violenza, ed hanno cominciato ad
uscire titoli di tutti i tipi, spesso in
sordina, sicuramente senza mai conseguire
un grande successo di vendite, riservato
ai cugini più grandi di ben altra
caratura.
Ora, a mio modo di vedere il numero di puzzle
game è eccessivo.
Parlando del caso specifico, cioè
il Mojo in questione, sento
il dovere di dirvi che non c’è
bisogno di dilungarsi troppo, non starò
a spiegarvi la grafica o il sonoro, non
c’è bisogno che mi dilunghi
nello spiegarvi come si gioca o il meccanismo
di gioco, non esiste un discorso sulla giocabilità
o sulla longevità.
Il discorso che voglio fare è: è
un gioco da comprare o no?
È probabile che farete anche fatica
a trovare la confezione sullo scaffale nel
momento in cui la cercherete ma questo è
dovuto al fatto che è più
o meno come cercare un disco di Nick Drake
tra quelli da hit parade.
Credo sia doveroso dire che se non siete
appassionati di puzzle game fareste bene
a lasciarlo dove si trova, mentre se siete
degli abituali giocatori un’occhiata
potreste anche dargliela; certo, la veste
grafica è discreta, giacché
la PS2 può sopportare tranquillamente
il carico di lavoro imposto da un gioco
come questo, e anche l’aspetto sonoro
non sfigura.
Il gioco in se stesso non è nulla
di particolare, palline di qua e palline
di là, che rischiano di stancare
presto, troppo presto.
L’elemento importante di un gioco
di questo genere è la capacità
di catturare l’attenzione di chi gioca
e tutti i titoli storici hanno uno o più
aspetti che espletano questo importante
compito, tetris aveva l’aspetto di
competizione, a questo puzzle bobble aggiungeva
la simpatia dei rospetti che sparavano le
palline e una grafica cartoonosa, ma Mojo
non aggiunge nulla a nulla, solo (poche)
altre scatole su uno scaffale polveroso.
Il mio personale consiglio è di spendere
la pecunia per altri giochi, magari più
vecchi ma sicuramente meglio riusciti.
Il voto? Bhè, la sufficienza ci sta,
non è poi così brutto, ma
ci aggiungo un meno, in modo che la prossima
volta che fanno un gioco del genere non
lo sviluppino a tempo perso ma provino ad
apportare qualcosa di nuovo e divertente.
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