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Mojo!


Mojo… che il nome voglia dire qualcosa?
Per l’ennesima volta mi trovo a fare una recensione quantomeno singolare, esigenza dettata in questo caso dalla singolarità del gioco o meglio ancora dalla singolarità del genere.
Esiste qualcuno sulla terra che non conosce i puzzle game?
Non credo esista, non foss’altro che questo tipo di gioco trova terreno fertile nei cari vecchi bar, ancora regno di giochi che non impegnano tanto e che servono più che altro a distrarre durante l’attesa di prendere il treno. Dunque, da tetris in poi i puzzle game hanno vissuto una popolarità solo in parte meritata, dettata più che da effettiva bellezza dalla gran concretezza, dalla capacità di raggiungere il loro scopo che era poi distrarre, fornire ore di puro passatempo senza mondi da salvare o malvagi da sconfiggere.


Dai locali dei bar alla console il passo è stato breve, anche perché ricordiamo che questi giochi hanno contribuito a dare un’immagine familiare ai videogiochi tanto spesso accusati d’essere portatori sani di violenza, ed hanno cominciato ad uscire titoli di tutti i tipi, spesso in sordina, sicuramente senza mai conseguire un grande successo di vendite, riservato ai cugini più grandi di ben altra caratura.
Ora, a mio modo di vedere il numero di puzzle game è eccessivo.
Parlando del caso specifico, cioè il Mojo in questione, sento il dovere di dirvi che non c’è bisogno di dilungarsi troppo, non starò a spiegarvi la grafica o il sonoro, non c’è bisogno che mi dilunghi nello spiegarvi come si gioca o il meccanismo di gioco, non esiste un discorso sulla giocabilità o sulla longevità.
Il discorso che voglio fare è: è un gioco da comprare o no?
È probabile che farete anche fatica a trovare la confezione sullo scaffale nel momento in cui la cercherete ma questo è dovuto al fatto che è più o meno come cercare un disco di Nick Drake tra quelli da hit parade.
Credo sia doveroso dire che se non siete appassionati di puzzle game fareste bene a lasciarlo dove si trova, mentre se siete degli abituali giocatori un’occhiata potreste anche dargliela; certo, la veste grafica è discreta, giacché la PS2 può sopportare tranquillamente il carico di lavoro imposto da un gioco come questo, e anche l’aspetto sonoro non sfigura.
Il gioco in se stesso non è nulla di particolare, palline di qua e palline di là, che rischiano di stancare presto, troppo presto.
L’elemento importante di un gioco di questo genere è la capacità di catturare l’attenzione di chi gioca e tutti i titoli storici hanno uno o più aspetti che espletano questo importante compito, tetris aveva l’aspetto di competizione, a questo puzzle bobble aggiungeva la simpatia dei rospetti che sparavano le palline e una grafica cartoonosa, ma Mojo non aggiunge nulla a nulla, solo (poche) altre scatole su uno scaffale polveroso.
Il mio personale consiglio è di spendere la pecunia per altri giochi, magari più vecchi ma sicuramente meglio riusciti.
Il voto? Bhè, la sufficienza ci sta, non è poi così brutto, ma ci aggiungo un meno, in modo che la prossima volta che fanno un gioco del genere non lo sviluppino a tempo perso ma provino ad apportare qualcosa di nuovo e divertente.



   
Andrea    
 
   
         
       
     
         
 

  Prodotto
  DreamCatcher
  Sviluppatore
  FarSight Studios
  Genere
  Puzzle Game
  Giocatori
  1 - 4
  Lingua 
  Italiano
  Votazione
   
  + Punta di diamante:
  - Multiplayer..
  - Pecora nera:
  - Realizzazione tecnica da dimenticare..

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